giovedì 8 luglio 2010

Autori..minori ( perché e per chi? )

L'esistenza di Charles Bukowskj è stata vissuta e, contemporaneamente, narrata.
Lo scrittore ha contraddetto l'adagio per il quale la vita si vive o la si narra. La sua erraticità, che non si rattrappisce mai nell'insicurezza, è libertà, pagata con dure privazioni e rimeritata con soddisfazioni occasionali e non convenzionali, ma continue.
Bukowskj ha scritto l'epopea del precariato ante-litteram ( almeno per l'Europa continentale ).
L'ha scritta a partire dagli anni '40, quando nel vecchio continente le dittaure imperialistico-territoriali cominciavano a consumare la loro disfatta, alla quale sarebbe sequito un cinquantennio di economia supportata dallo Stato, quando non assistita e da noi, in Italia, di pensionamenti precoci e di insoddisfazioni compensate dal poco impegno.
Ovviamente, la classe operaia. moderna versione salariata dello schiavismo, aveva fatto eccezione, fra esclusione dai piaceri tranquilli e vitalistico e disordinato impulso a procurarseli, schiacciata dai sacrifici che la famiglia comporta. Stessa sorte di tanti piccoli borghesi, aspiranti al riconoscimento della proprie competenze, delle proprie virtù morali e/o religiose, casomai in un'altra vita. Stabilità lavorativa per questi ultimi, con grande enfasi sull'amministrazione , a prescindere dalle quantità: il contrario di oggi. Cassa integrazione per il più empirico mondo della produzione ( come oggi per quasi tutti, tranne che per gli statali, lungo pensionati, però ). Non c'era allora, il lavoro temporaneo e senza diritti, in Europa (Inghilterra a parte ).
Va da sè che ad una forma di mancanze di prospettive se ne è sostituita un'altra.
Da allora, ci sono voluti sessant'anni prima che la nostra percezione della realtà concidesse ( e non mancano ostinatamente i nostalgici ) con quella descritta dal picaro anglo-polacco, negli U.S.A., in omaggio alla libertà formale di lavorare o meno ( in Europa, la seconda scelta era disonorevole, ma era accettata la pantomima lamentosa del disoccupato con famiglia ). Invece l'ubriacone letterato ci rappresenta la possibilità, praticata, di sostare in un impiego per il tempo che lo si sopporta.
Un ritorno immediato al passato e nelle forme note, Destra o Sinistra che siano al potere, non è seriamente pensabile, ma, almeno in Italia, dove serietà non alligna, neppur questo si può affermare con certezza. Il nostro autore, affronta il tema esistenziale ( inorridirebbe Sartre, ma Bukowskj se ne impipperebbe ) con disincanto empirico: dalla sua, ha, in più, la cultura, attraverso la quale si assicurerà una gloria postuma fra i critici letterari più che nel mondo marginale di cui ha fatto parte e disegnato i connotati. Potrebbe conoscerlo e forse apprezzarlo, qualche industriale, convertitosi a barbone...ce ne sono. Un mondo di marginalità voluta, per sfuggire alla gabbia organizzativa dell'impresa ed anche alla velleità di affermarsi con metodi criminali, diretti almeno..
Si direbbe che i due estremi della piramide sociale siano in grado di perseguire gli stessi piaceri ed oziose gratificazioni, che sono precluse alla classe media che si responsabilizza, vota, spera e sospira.
Nel caso di Bukowskj, addirittura la fama postuma.
Nessuna implicazione ideologica - la politica può andare a farsi fottere - nessun riferimento ad un modello; né aspirazioni professionali, né rivendicazioni classiste.
Una divaricazione culturale nei fatti, che esclude l'assalto al cielo come la rassegnazione, escludendo l'assemblamento di formazioni politiche che possano rifarvisi. Che non si preclude, però, nessuna gioia terrena, senza indulgere nella retorica del baraccato o della santa sopportazione familiare.
I suoi racconti, tematici circa i periodi di lavoro e non pedagogici, bensì puramente descrittivi del suo panta rei, lo sono altrettanto riguardo alle sue passioni; non presumono di ammaestrare, anzi rifuggono da ogni sorta di ammaestramento cautelativo che giustifichi la mancanza del coraggio di vivere.

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