sabato 31 luglio 2010

Cecità.

In una città che potrebbe trovarsi ovunque i cittadini vengono colpiti da una malattia di cui non sono capaci di individuare la causa e che attribuiranno, dapprima a casi strani e personali e poi, quando si paleserà come una epidemia, al destino.
Fatto sta che il numero crescente dei ciechi, mano a mano che diventeranno un problema per coloro che non sono stati ancora coinvolti e contagiati, rivelerà la natura egoista e violenta dei privilegiati che li relegheranno negli squallidi locali di un ex manicomio dismesso, dove li abbandoneranno alla degradazione progressiva fino all'abbrutimento, curando solo di evitare il rischio di condividerne la sorte.
Questi infelici, che pure riprodurranno fra di loro le peggiori abiezioni di cui sono capaci gli uomini, dovranno prendere atto che verso di loro nulla d'altro viene esercitato, con tanta ipocrisia, che l'emarginazione repressiva, la sopraffazione dei loro diritti umani e ogni utile strumentalità, per cercare di dissimulare l'indifferenza.

La cecità che coglie, all'improvviso, una dopo l'altra, persone intente alle loro attività quotidiane, animate da buone o da cattive intenzioni, diviene, prima inavvertitamente, poi con impetuosa uniformità un' epidemia ed una condizione nella quale gli uomini e le donne precipitano abbacinati da un lucore tutto bianco, violento e indistinto.
Mentre precipitano nella indeterminatezza i loro comportamenti si deformano e si degradano.
Manifestano egoismo e violenza mentre brancolano e riproducono, ai più bassi livelli, le gerarchie, si arrogano privilegi, costituiscono fazioni.
Poche figure conservano umanità e contegno e si dimostrano ancora capaci di esprimere sentimenti.
Costoro riaccendono un barlume di coscienza in alcuni fra i ciechi e li conducono a ricordare fatti, circostanze e lineamenti di persone conosciute, che hanno apprezzato o solo studiato per derubarle o ingannarle.
Nell'uno o nell'altro senso, costoro riescono a mantenere vivo almeno il ricordo di una identità perduta e, per chi la condivideva, di una coesione di valori, sociale e morale.
Attraverso questi espedienti, rifacendosi alla situazione fantastica e sentimentale della letteratura latina, Saramago ci indica, con delicato distacco narrativo e piena partecipazione umana , la condizione ricorrente in cui un popolo, una comunità, si vengono a trovare quando perdono i loro riferimenti, oppure non avendoli ben radicati nell'anima, consentono che vengano rimossi da qualunque strumento utile al potere, sia che si tratti di mode, propagande o pubblicità, di profezie destrutturanti o della retorica di qualche abile banditore.
In contesti come quello allegoricamente descritto, solo una donna sa mantenere chiara la visione dei fatti, non diventa cieca.
Nel nostro caso, la moglie del medico che è costretta a dissimulare a lungo di avere conservata la vista.
Lo scrittore portoghese ha riservato a questa donna una considerazione particolare, attribuendole una indomita anche se paziente coerenza, un coraggio non ostentato, garbo e finezza di sentimenti, capacità di compassione, di indirizzo e di guida; ne ha rappresentato l'intima complessità, dimostrando di possedere una sensibilità rara in un uomo.
La moglie del medico conduce per mano, in senso proprio e figurato, il marito e, insieme a lui i compagni di avventura che le circostanze mettono sulla loro strada, lungo i percorsi che assicurano la faticosa e dolorosa salvaguardia della loro identità.
Fino a che qualcuno, fosse anche uno solo, non smetterà di sperare e di attendere senza perdere la propria rotta, la luce tornerà.
Il fenomeno della cecità di massa non è straordinario, se non per i troppi che vivono solo nella e della attualità, che sono privi di memoria storica e, pertanto, non possiedono gli anticorpi necessari a prevenire l'epidemia ricorrente.
Troppe volte e troppo spesso individui e popoli, nazioni e società, decadono, si abbrutiscono e non sono più in grado di discernere il vero, il necessario, il bello e si mortificano in un'uniformità ne gativa, abbacinante che preclude loro la possibilità di vedere.
L'epidemia si manifesta se gli uomini temono le responsabilità e hanno paura dell'esclusione che l'abbaglio generale produce nei confronti di coloro che si sforzano di vedere.
La moglie del medico riannoda metodicamente, con pazienza e realismo, la trama sfilacciata dell' ordito, ne preserva il disegno e lo riporta infine nella sua dimora, dove condividerlo, almeno con la persona amata, in una concordanza di sentimenti.
Involuta prosa di Saramago,speculare alla sua lingua madre, continuamente interpolata da riflessioni ora ironiche, ora amare, propone ammaestramenti senza mai arrogarsi cattedre, suggerisce, allude e si ritrae, pessimista circa una rigenerazione degli uomini, eppure certa che la fiammella del chiaro, ma ben distinto, e del buono, sarà, quando necessario, protetta, alimentata e trasferita da poche anime nobili o semplici, ma comunque vere, in una dialettica senza speranza di redenzione, fino alla fine dei tempi.
Commento a Cecità di José Saramago, compito per le vacanze di Sara.

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