giovedì 8 luglio 2010

L'anticamera della morte.

E' lì che indugia, ormai da quarantottore Giovanna, pervasa nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti e nei suoi dolori celati, da un flusso violento di liquido vitale, che si è trasformato in un'alluvione distruttiva. Gli esegeti della natura, pare che abbiano scoperto una malformazione nelle tubature fisiologiche. La fervida ed eccitata fantasia è corsa ad assimilarla a quella che costò la vita, senza proroghe, alla sorella gemella, che, se non ricordo male la descrizione che ne fece la madre, aveva deciso di farsi asportare una estesa macchia sulla pelle, all'altezza del collo. Aveva deciso di aggraziarsi perché giovane. Si era appena laureata - l'unica in famiglia. Non ritornò dalla camera dei sogni e delle illusioni. La gemella non sorrise mai più. Solo in occasione delle nozze del fratello Andrea, l'obiettivo del fotografo la colse in un atteggiamento, se non gioioso, almeno sollevato e sereno. Una parentesi.
Non bella, non intraprendente, decisamente un po' imbranata, si invaghì di un uomo di ventura, un sudanese di ritorno; non era bello neppure lui, ma era ed è il classico tipo che si fa valere in un certo ambiente sociale bolognese. Provinciale quanto basta per sbruffonare maliziosamente, abbastanza autoironico da correggere, per riaffermarlo, il suo "diritto" alla vita loca, sufficientemente sicuro di sé per rassicurare la sua prescelta che, in cambio della gestione della di lei azienda, ne avrebbe fatto la sua eterna sposa, pur con qualche deroga all'estetica. Così Giovanna fece la madre, fornitrice di prestigio al marito, di prospettive - quanto fallaci vedremo - per i figli dell'imprenditoria al femminile ed al maschile. Del resto aveva avuto l'esempio della madre che a detta di una nuora aveva amato di più l'azienda, diretta con mano sicura, dei figli stessi e che aveva ritenuto ineluttabili e naturali le infedeltà creative del principe consorte, uso ad uscire dalla finestra, dopo aver messo nel suo giaciglio un manichino. Per sé, infatti, Giovanna tenne cara una ramificata foresta di corna,accusandone " le donne cattive che non rispettano l'impegno che altre hanno profuso". Nonostante questo, per seguire il marito play boy nelle sue scorribande, ritenne di poter mettere al sicuro i tre figli dai pericoli del mondo, mettendoli nella condizione di pagarsi quanto altri debbono ( o sognano di? ) conquistare con i propri mezzi, nel corso di tutta una vita. Non li mise al sicuro dagli spacciatori di illusioni e oggi si congeda da loro dopo avergli trasmesso la sua "femminile" inabilità alla competizione. Il primo, mio omonimo, al 100%, gli altri due non so in quale percentuale: quel che è certo che al lavoro sono completamente inadatti.
Anche per questo, il marito, al compimento del settantesimo anno di età aveva deciso di liquidare l'azienda, operazione in corso tuttora. L'attività poteva proseguire, ma dopo due anni di commesse all'osso, il piano di ristrutturazione avrebbe previsto numerose dismissioni di attività e altrettanto numerosi licenziamenti. I sindacati di Ca' de fabbri e dintorni, si sono opposti alla selezione, avendo di mira la rappresentanza, tanto quanto l'imprenditore ha di mira il profitto. Così, equanimemente il lavoro lo hanno persi tutti e tutti insieme. Mirabile esempio di egualitarismo, da deviare in rivendicazionismo contro quello che non c'è più, trasfigurato in pensiero astratto verso i padroni sfruttatori, I padroni lo sono, necessariamente, ma il proletariato, non sapendo distinguere il possibile dall'emotivo immaginifico, preferisce il cupio dissolvi di un'intera classe alla possibilità che qualcuno ce la faccia e, chissà, possa emanciparsi negli eredi dalla condizione di strumenti...del capitalista o del preconizzato capitalismo di stato, nel quale i suoi tribuni sarebbero i suoi ideologici padroni. Intanto Giovanna giace in quel limbo ( dorato? senza preoccupazioni? ) tanto triste e così simile al limbo apparente della sua esistenza.

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