sabato 29 agosto 2009

George Feydeau e la comedie à l'italienne.

E' grande pochade fra la Chiesa, il giornale della Conferenza episcopale italiana e il Presidente del Consiglio italiano. Non si tratta di una epica battaglia sulla laicità della legislazione e di una contesa filosofica fra laicismo e "vera laicità", ma di una commedia degli inganni e delle ipocrisie, nella quale si incistano polemiche speciose rispetto ai principi dichiarati e virulentemente "difesi".
La Perdonanza e la falsa contrizione del penitente Silvio hanno aspetti boccacceschi, ma espressioni ben più superficiali e grevi. La cena con il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, è l'elemento culinario di una spassosa buffonata, che si sta involvendo in equivoci compulsivi e concentrici, come nelle trame del commediografo francese, che anticipava i toni della comedie bourgeoise, che avrebbe trovato in Italia una versione ai rigatoni, che ha caratterizzato un capitolo della storia del cinema.
La commedia degli equivoci si dipana nello scenario di rovine dell'Aquila, sul canovaccio di un povero monaco cristiano, Celestino V, Papa per sbaglio, che fu fatto strangolare dal suo successore, Bonifacio VIII.
Il lussurioso prostatico si sarebbe cosparso il capo di cenere e sarebbe giunto al Duomo in processione. Non si sarebbe potuto comunicare, perché è divorziato. Potrà farlo quando avrà divorziato anche dalla seconda moglie e avrà quindi ripristinato l'unico e vero vincolo sacramentale ( i figli, canonicamente non sono contemplati; provvederebbero però a contemplarsi da soli, per l'eredità ) ma, nel frattempo, si sarebbe servito dalla scena - carpita o concordata? - per sortire lo stesso effetto. Aveva trovato, senza saperlo, un compare di merende adeguato alla bisogna, quel Cardinal Bertone che rubò in Piemonte ad un nipote agricoltore la sua intera riserva di vino passito. Un ladro e un beone. Lo sporcaccione, dopo cena, gli avrebbe forse proposto di andare a puttane insieme.
Ma questa intenzione è stata apparentemente e clamorosamente contraddetta da un intervento a gamba tesa di Vittorio Feltri, che su queste maragliate, prive di "pietas", ha costruito la sua carriera ( su tutte, la foto del cadavere di Aldo Moro, nudo ed anchilosato, su di un tavolo dell'obitorio ). Il giornalista da marciapiede è stato chiamato a dirigere Il Giornale , del fratello di Silvio, per condurre il contrattacco. Anche Emilio Fede, con gli stessi sodali di corte, condusse un attacco a Di Pietro, che sfociò nella sua messa in stato d'accusa a Brescia, poi rientrata. Il Vittorio dei padroni si è concentaro sul competitor la Repubblica ed anche su Avvenire, il giornale dei vescovi.
Cosa ha scoperto, valendosi di una velina giudiziaria, il diffamatore di destra? Che il direttore di Avvenire, tale Boffo, censore del suo principale, ha studiato dai preti e ne ha assunto i costumi. Sarebbe infatti stato condannato per molestie e minacce alla moglie del suo omo-amante ed avrebbe patteggiato la pena.
Gli esegeti hanno subito dedotto che esisterebbe una divaricazione fra la Segreteria di Stato vaticana e almeno una parte della Conferenza episcopale italiana, di cui Avvenire e il suo omo-direttore è organo ( speriamo a debita distanza ).
All'Aquila è andato infine Gianni Letta, legato e gazzettiere del lussurioso. L'untuoso ed impomatato cortigiano è stato immortalato sul sagrato della chiesa, con il cardinale ebbro Bertone, in un atteggiamento che rivela ambiguità morale, qualità sceniche e morbidissimo appeasement: lui e l'ebbro sembrano due checche cerimoniali e ipocrite che sembrano sul punto di baciarsi, di vezzeggiarsi e di compiacersi l'un con l'altro per il reciproco charme. Inculiamoci e poi pentiamoci, sembrano dirsi.
Le due cerimonaili creature vivono in un mondo di apparenze e dissimulazioni, devotamente recitate fra reciproci ammiccamenti. Non oltre il segno del reciproco e compatibile interesse.
I protagonisti della pochade:
il satiro impenitente;
il tenutari della morale;
Noemi, Mara, Maria Stella, Patrizia e le altre;
lo chaperon ovvero il ruffiano e paraninfo;
il malefico disvelatore del trogolo comune.
Fine della prima parte.

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