domenica 6 giugno 2010

Critiche e recensioni.

Mi è stata rimproverata una certa piaggeria nella mia modesta critica alla rappresentazione "Holliwood", tenutasi il 26 Maggio scorso al Teatro delle Celebrazioni. Come se le critiche, incensatorie o distruttive non soffrissero tutte di ipocrisia pelosa o invidiosa, di adesione ad una fazione recitante, anziché ad un'altra che con lei compete per interesse.
Eppure, il lavoro mi è piaciuto sul serio e il giovane Pietro è stato brillante, con fatica e applicazione, come richiede ogni cosa ben fatta. Come lui, sul piano dell'impegno c'è stata solo la moglie del divo decadente e le due Greta Garbo, misurate nella fase delle aspettative ed in quella dell'aridità per la condizione raggiunta, attraverso l'adusato sistema delle qualità improprie, quanto mai attuale oggi, anche in politica.
Anche il divo in procinto di essere superato dalla tecnologia è stato bravo e molto: ha retto a lungo la scena, dando al personaggio il manierismo un bianco e nero di un film d'epoca. Si è un po' compiaciuto del ruolo, enfatizzandone gli aspetti grotteschi e magniloquenti, come si conviene a un divo narcisista.
Pietro però, si è impegnato a mettere in ridicolo l'animo superficiale dell'impresario, mostrandone, non so quanto volontariamente, gli atteggiamenti di maniera, così in voga a quei tempi, risultando più credibile, nel ruolo, dell'altro interprete, pur bravo, che ha proposto una versione arrogante ed aggressiva, più consona ad un produttore moderno di film di consumo, almeno nella fantasia collettiva.
Invece Pietro, mi ha ricordato un po' il grande Charlie Chaplin, che rappresentava sì un omino povero e alle prese con le quotidiane esigenze di sopravvivenza, ma anche le immature fantasie del Grande dittatore, alle prese con il mappamondo.
Quando è entrato in scena con la sua marsina di due taglie inferiori alla sua stazza - in via di ridimensionamento - e con il cilindro che non si adattava alla folta e riccioluta capigliatura, con un sorriso giovanile e un po' gigionesco, ha reso benissimo, l'immaturità prevaricatrice del potente, creatore-finanziatore di illusioni, assecondato dal narcisismo degli interpreti e dalle speranze del suo harem.
Lo ha reso bene perché, ad onta della freschezza giovanile coniugata al fisico commendatizio, ha saputo far valere una tecnica di pregio ed un'impostazione canora e vocale raffinata, non frutto di doni naturali, che probabilmente non esistoono, ma di studio condotto con serietà.
Se dicessi poi che al suo apparire poteva sembrare Stan Laurel redivivo, nulla toglierei all'efficacia della sua interpretazione; le aggiungerei semmai una ulteriore dose di ironia, ben dominata e distribuita.
Le foto su facebook sono del tutto analoghe, nelle espressioni e nelle posture, a quelle di qualsiasi altro teatrante e credo che il film dell'opera resterà un significativo ricordo nel tempo, quale che sia la carrierà che Pietro intraprenderà. Ha già capito e interiorizzato che, anche se non è garanzia di successo, l'applicazione lo è sempre, di risultato.
L'applauso a scena aperta dopo il brano cantato da solista, resta per lui a testimoniarlo.

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