domenica 21 ottobre 2012

Mutanti ( segue ).

( segue )L'importanza dell'informazione e della comunicazione negli apparati repressivi o nei progetti di liberazione è accentuata dal fatto che le pratiche del lavoro e della produzione economica stanno diventando sempre più mediatizzate. Le tecnologie della comunicazione stanno diventando smepre più centrali in tutte le pratiche produttive e fondamentali al genere di cooperazione necessaria alle attuali modalità produttive. La comunicazione e i social media hanno il simultaneo effetto di liberare e di incatenare molti lavoratori al loro lavoro. Con il nostro smartphone e la nostra connessione wireless possiame essere dovunque e, contemporaneamente, essere sempre al lavoro. In qualunque luogo andiamo, stiamo lavorando. La mediatizzazione è il fattore principale nella crescente, indistinta separazione fra lavoro e vita. La coscienza mediatizzata è frammentata e dispersa. I media impongono una costante interpretazione, chiedono di scegliere quello che preferiamo, di contribuire con le nostre opinioni, di narrare la nostra vita. La soggettività mediatizzata è costantemente assorbita nell'attenzione. L'informazione prodotta dai lavoratori, senza inframmettenze, produce un'informazione valorizzante, mentre la burocrazia della direzione produce un'informazione di controllo. Lo scopo che si prefigge la mediatizzazione del lavoro è di trasformare l'informazione viva, frutto dell'esperienza di lavoro empirica, in un'informazione morta, dopo che è stata cristallizzata nei meccanismi e nell'intero apparato burocratico. Il linguaggio morto della direzione e dell'organizzazione, codifica e rafforza il funzionamento della disciplina e le relazioni di subordinazione. Lo scambio dell'informazione viva fra i lavoratori, che si cerca di impedire, è suscettibile di essere mobilitato in azione collettiva e in insubordinazione. Nella figura del mediatizzato, oggetto di una stupida e offensiva propaganda, è mistificata e depotenziata l'intelligenza umana, o, per meglio dire, il mediatizzato è pieno di informazione morta che soffoca la capacità di creare informazione viva. La crescente precarietà, flessibilità e mobilità dei lavoratori, richiesta dall'accumulazione neoliberista, segna una nuova fase accumulatoria ,nella quale si creano diversi strati di popolazione in surplus. E' un dato statistico incontrovertibile che la precarietà precipita nella superfluità e costituisce la creazione di classi pericolose nella prospettiva dell'ordine. Le forme di internamento e di espulsione dei migranti sono solo un aspetto di arruolamento in un regime securitario, depositario, in parte, della popolazione superflua e in parte di una funzione intimidatoria nei confronti della popolazione libera, ma priva di mezzi. La crisi, avvitandosi, suscita una gamma completa di paure, la principale delle quali è di perdere il lavoro. E', di conseguenza, necessario essere un lavoratore leale con il proprio padrone ed è necessario non scioperare se non si vuole finire licenziati. Il lavoratore securizzato acquisisce il doppio ruolo di recluso e di guardia, nel regime di sorveglianza e accetta che altri, oltre a lui, siano privati della libertà.

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