giovedì 4 ottobre 2012

Approcci bellici e velleità belliciste.

Prove d'intervento in Siria. A metterle in atto è la Turchia, potenza bellica regionale e membro della NATO. I ribelli, armati e foraggiati dalle potenze petrolifere dell'area e dai loro alleati occidentali o filo occidentali, come i Turchi stessi, non riescono a rovesciare il sanguinario dentista-Presidente ed è quindi necessario un "casus belli", che li esenti da un intervento esplicito e diretto. Chi meglio, quindi, della Turchia, orgogliosa stracciona anatolica, già prima linea militare del fronte terrestre anti Unione sovietica ( undicimila chilometri di confine ) per provvedere alle provocazioni e alle ritorsioni dopo gli inevitabili incidenti sui confini, lungo i quali i ribelli si sono abbarbicati, oltre i quali si rifugiano e si riforniscono. Lo Statuto della Nato - mai applicato nei cinquant'anni della guerra frdda - prevede, come la Santa alleanza e la Triplice intesa, che ogni attacco contro uno dei suoi membri diventi un attacco a tutta l'alleanza e la impegni solidalmente nella "comune" difesa. Che sia uno o più membri dell'Alleanza di cui sopra a portare l'attacco, sotto mentite spoglie, è, ovviamente, secondario: il riflesso, programmato nelle retrovie diplomatiche, scatta lo stesso. Che il nostro ministro tecnico delle feluche, Terzi di Sant'Agata, un nome che ci riporta alla Belle époque, quando si perdono le tracce dell'ereditaria carriera intrapresa dai suoi antenati, che nessuno prende in considerazione - a ragione - quando cerca di riportare in patria due marò dall'oceano indiano, produca oggi dichiarazioni grondanti "preoccupazione, solidarietà, mandati dell'ONU e non so che altro di inutile e vacuo, ci richiama arditamente alla nostra funzione di provetti assistenti di volo, spalettanti sulle piste di decollo-atterraggio, disseminate sulla penisola. Una sorte, la nostra, speculare a quella dei Turchi, disposti a tutto pur di poter entrare nella Comunità europea o, almeno ad averne un trattamento commerciale privilegiato. Così è facile lusingarli e ingannarli, meglio tenere le loro oligarchie, figlie di Ataturk, sulla corda delle loro aspirazioni minime. L'America preme perchè questo avvenga, ma i Francesi, versione Sarkozy, hanno sentenziato: " se entrassero, dopo di loro verrebbe il diluvio", l'Italia, nel fratempo, commenta tutte le ipotesi ed è disponibile a tutte. Per adesso, i Turchi devono accontentarsi di stare nella NATO e noi anche. Nella U.E ci stiamo alle condizioni che sappiamo. Dalla fine della Guerra fredda, quando due concezioni politiche e militari si tenevano in rispetto e le guerre venivano intraprese dagli Stati Uniti per contenere l'espansione comunista nel mondo, contrastare gli interessi periferici dell'Unione sovietica e non della Cina con la quale Nixon strinse celebratissimi patti di collaborazione che erano funzionali all'assorbimento del suo debito pubblico, con il quale finanziava l'accumulazione bellica, il mondo è oggetto di risistemazioni capillari e specifiche, soprattutto nelle zone energetiche, mentre la guerriglia è stata esportata su scala globale, come l'economia finanziaria. Noi, come al solito, facciamo i pesci in barile; se e quando non riuscissimo più a farli, sarebbero dolori e lutti in progressione geometrica, come, molto più banalmente, ne stiamo sostenendo, sul versante maggioritario più debole della nazione, per ( far) restare qualche d'uno nei clubs che contano.

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