giovedì 10 maggio 2012

Rimembranze.

Come una scritta sulla rena, cancellata dalle ondicelle sulla battigia, la vita di un personaggio pubblico, ma anche socievole è stata cancellata da un gesto consapevole, probabilmente molto meditato e combattuto, nella solitudine della prima notte, nei freddi locali della Regione. Maurizio Cevenini aveva compensato con un doppio mandato, in Comune e in Regione, la rinuncia alla candidatura a Sindaco, un ruolo tanto scontato, quando la malattia è sopraggiunta, quanto agognato e spentosi, nelle sue potenzialità, sul limitar del sogno. Il mondo degli apparati è meschino, soprattutto con chi ha un largo seguito e la misura del mondo politico e amministrativo ci è stato mostrato dalle vendette polemiche di una Cinzia Cracchi che hanno provocato la caduta moralistica di un ottimo amministratore e professore, purtroppo per lui, farfallone e cazzocentrico. Il Cev era stato subito criticato per il doppio mandato, così come era stato pesantemente censurato dal Commissario del Partito, Sergio Cofferati, per certe sue creative iniziative. Non credo che, nè Cracchi, né Cofferati rischino di suicidarsi. La carriera del Cev era stata sin dall'inizio contraddittoria: Consigliere del P.C.I. al Quartiere Colli, il cui Presidente era liberale, si era trovato un posto a Villa Villalba, da centralinista, pur essendo laureato, per poi diventarne amministratore e presidente di un comitato sulla sanità privata convenzionata. Ma le sue passioni rimanevano romantiche: la città, la socialità, i matrimoni civili, con i quali certamente aumentava la sua popolarità, anche a domicilio di disabili che sposavano donne straniere. Sempre con un sorriso e un'ironia mai violenta o sentenziosa. Queste passioni, nell'apparato sono state sistematicamente contraddette. Ciò non ostante, dietro impulso della figlia, si era infine candidato e aveva stravinto le primarie, mettendo l'organizzazione del partito di fronte ad un dato di fatto incontrovertibile e creandosi nuove antipatie e qualche rancore, certamente originati prima ancora che dalla contesa di interessi, dalle difformità di sentiemnti e di carattere. Il Cev non odiava, né emarginava chi non la pensava come lui. La dimostrazione sta nella nomina dell'Avv. Foschini, capogruppo del PDL in Comune, da parte della famiglia a garante di parte, in nome della profonda amicizia che li legava. Ma, da questo a scegliere come causa determinante del suicidio le contese e la solitudine degli invidiosi, ce ne corre. Non che non abbiano inciso, ma se hanno potuto far breccia in uno spirito debilitato è perchè hanno potuto, con indifferenza e ignoranza, contare sulla sua consapevolezza che la malattia che lo aveva colpito era la stessa che aveva causato la morte di entrambi i genitori, all'incirca all'età che lui aveva raggiunto. La combinazione casuale dei geni e la combinazione contraddittoria degli eventi nel crogiolo politico che, probabilmente, amava ma non analizzava con il distacco e la freddezza degli altri, hanno congiurato a spezzare la gioia di vivere che, altrimenti, era evidente e ad alterare la nostra programmazione, che ci induce normalmente a vivere, comunque. Qualche relais fondamentale e intimo si è spento. Sterile e insensato è il ricordo cerimoniale delle istituzioni, non quello di chi lo ha apprezzato e gli ha voluto bene. Il motivo ci resterà ignoto, misterioso. Per il Cev e per ciascuno di noi resta valida la consapevolezza che la morte si sconta vivendo. Di altro non ci è dato, né legittimamente, né onestamente di dire.

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