martedì 11 gennaio 2011

Milone

Esco per un ozioso intervallo e scendo lungo via dell'Indipendenza. Incrocio un menomato su una sedia a rotelle. E' amputato poco sotto il bacino e poggia i tronconi delle cosce recise sul pianale della sedia. Un uomo e una ragazza lo accompagnano, spingendo la carrozzella.
Al bar Calderoni, già luogo di aristocratici ritrovi, con la vetrina spaccata e non sostituita da due mesi, informano i clienti che se si portano la consumazione al tavolino esterno, non pagano il servizio. Tutt'intorno, pile di bicchieri e stoviglie.
Ordino un caffè. Me lo prepara e me lo serve un cameriere anziano che, radendosi, si è tagliato il mento, che sanguina abbondantemente e che lui si tampona con un fazzoletto di carta.
In un bar-tabaccheria compero le salviette per soffiarmi il naso. Incurante del traffico nei due sensi nell'angusto locale, una giovane donna smanetta una slot-machine. Ancora volantinaggi che offrono prezzi scontati per ogni sorta di servizi, sulla via.
Ritrovo il povero amputato, posato al suolo, su di una stuoia, ma i tronconi degli arti inferiori sono spariti.
E' stato imbragato in una stoffa aderente che lo fa sembrare poggiato sul tronco, appena sotto lo stomaco, come sarebbe vitalmente incompatibile. Chiede l'elemosina e chi gliela dà e chi lo ignora, sembrano non rendersi conto dell'assurdità, da baraccone, della rappresentazione.
Nella Roma medievale - e non solo - la pietà verso gli storpi si esercitava facendoli esibire per strada, a cura degli stessi sacerdoti che ne curavano l'assistenza.
Sono cambiati, in parte, gli impresari.
Sull'uscio dell'avita dimora, un giovane collega chiede a un cinese se ha da accendere, incurante degli ammonimenti del portale.
Sono certo che si tratta di una opportuna simbiosi proattiva e ambientale.

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