giovedì 21 gennaio 2016

Per questo taceva.

Facile e scontato dedicare parole a chi è morto e da tempo era già morto, perché estraneo alla vita del mondo contemporaneo. Vale per chiumque, è un incamminarsi verso il viale senza approdo dell'ultimo tragitto. All'atto dell'abbandono, le sensazioni, i ricordi, si fanno vividi e la memoria celebrativa se ne riempie. Invece, dei morti restano solo in chi li ha apprezzati o sofferti, le memorie interiorizzate. Non diverso è il caso di Ettore Scola, il malinconico ed intelligente narratore di storie romane e universali, in una serie molto copiosa di ruoli e di situazioni. Dell'uomo resteranno probabilmente interpretazioni contrastanti, non necessariamente felici, del narratore da tempo silente, l'artistica documentazione dello smarrimento di un tempo nel quale era lecito, ancorchè illusorio, coltivare speranze di riconoscimento interiore. Per questo e non solo per l'età, da tempo taceva. Si era già consegnato al museo di un'epoca conclusa.

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