martedì 26 gennaio 2016

Corollari di fatti evidenti.

Bologna l'ospitale subisce da pochi giorni un'esplosione di violenza criminale e razzistica, da parte dei ladri e degli spacciatori, inflazionati e senza ideologia e da parte dei commercianti, a loro volta del tutto privi di cultura, che non sia quella degli introiti. Le ronde di quartiere sono già scese alle mani, anzi alle spranghe, non tanto con i ladri e i vandali, che agiscono di rapina, quanto con i diffusori del commercio informale di beni illegali. A dire il vero, sembra essere sfuggito a questi vigilanti privati autoassoldatesi ( almeno si spera ) che da tempo sono attivi, negli stesi quartieri, mercatini low cost di generi alimentari e di abbigliamento, presso i quali si forniscono sia gli abitanti rionali, sia le badanti e le famiglie degli immigrati. I prezzi sono talmente bassi da risultare insensati, la qualità non viene accertata, la presenza di questi mercati, in zone dove molte famiglie sono in grado di impiegare solo redditi assai bassi, è ignorata, prima ancora che tollerata, secondo un calcolo di gestibilità che si dimostra presto autolesionista, perché apre la strada e poi sedimenta la precarietà alla luce del sole. Il guaio è che la precarietà è nei fatti, il teppismo è una conseguenza collaterale accertata in ogni realtà consimile, la reazione violenta e organizzata è la riedizione minore dello squadrismo fascista, appoggiato dalla borghesia piccina e celebrato da un giornalismo provinciale e gretto. Da decenni il bivacco autosostentantesi ristagna in piazza Verdi, davanti al teatro lirico e nelle vie secondarie dello storico quartiere universitario: la droga, a voler essere onesti, c'era anche prima, non c'erano a distribuirla i magrebini e una malata umanità autoctona. I locali di tendenza sono diventati in parte di svacco; tutt'intorno, capita di veder giovinastri percuotersi o inseguirsi. Le strade, per ragioni di bilancio comunale, sono praticamente al buio, i lampioni segnalano solo se stessi. L'emigrazione commerciale di mescite di vino, liquori e birra, sempre nel medesimo quadrilatero, ha preso ad esercitarsi ed ottiene facilmente le concessioni necessarie. La borghesia benestante per ora non è insidiata, si lagna, talvolta istericamnete, solo quando viene in centro, piange sul degrado dei suoi cespiti immobiliari nelle zone nelle quali, un tempo, i degradati non entravano e men che meno sostavano. E' tutta la società urbana di un "oppidum" che un tempo era celebrato per il suo costume piacevole e tollerante di vita ad essersi abbassata alla contesa fra straccioni vitalistici e borghesi preoccupati di godersela, senza dare confidenza, ai troppo approssimatisi cenciosi, come dimostrò la corrida fra due gruppi autonominatosi in rappresentanza dell'inclita e del volgo, ai Giardini Margherita di un anno e mezzo fa. Una società ben integrata sul piano dei servizi e del conseguente controllo sociale, è tornata al classismo molto plebeo e quindi fascistoide, del dopo guerra, nel quale all'arroganza autosostenentesi di due becere parti in causa, faceva da contraltare la difficoltà educativa, di tutela e di inserimento nel contesto relazionale, delle migliori famiglie, di qualsiasi reddito, anche se spesso erano modesti, specie se diverse per costumi dai bifolchi devastatori e da quelli reazionari. L'ammassarsi di tanti semidisperati, autoctoni od emigranti, con molti figli ai quali non sono in grado di assicurare un'istruzione, ma gadget demenziali ed alla moda invece sì, mettono a rischio di nuovo la crescita omogenea eppur non uniforme dei ragazzi e li espongono ai rischi della violenza e delle prevaricazioni della strada, dalle quali ci si affranca casualmente od imparando ed applicando al peggio le loro metodiche che, per esssere efficaci, richiedono anche di subordinarsi ad una qualche primordiale forma di organizzazione. Tutto facilmente prevedibile e previsto, mentre la nazione ufficiale naviga nelle affermazioni false e tronfie e mentre si arrabatta nei debiti.

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