sabato 2 gennaio 2016

Discorsi di fine e inizio anno.

Perché fra Natale e Capodanno ben tre povere ragazze sono morte di parto? Una ha lasciato due bambini piccolissimi. Perché sono giunte alla fine della gravidanza senza che nessuno rilevasse anomalie nella gestazione? Una è rimasta sola sul pavimento della sua camera a Torino, un'altra messaggiava il marito con comunicazioni del tipo "sono sola, mi stanno trascurando". Al giorno d'oggi non è facile morire di parto; in passato era frequentissimo, in determinati paesi, all'inzio del travaglio veniva somministrata l'estrema unzione alle madri, non si sapeva nulla di ginecologia e ostetricia e sulla fisiologia umana e femminile in particolare, La gestazione e la nascita erano affidate alle dame di compagnia, alle domestiche, nelle case patrizie, alle parenti ed alle vicine nelel case povere ed alla pratica delle ostetriche generiche, donne d'esperienza empirica ma senza conoscenze che praticavano nascostamente anche l'aborto. Oggi è estremamente raro, per non dire impossibile, che una gravidanza venga iniziata senza un preventivo esame specialistico e, anche laddove questo avviene, fin dai primi momenti delle gestazione vengono stabilite le incongruenze e le difficoltà riscontrabili, apprestati i correttivi, diagnosticate le difficoltà insuperabili, monitorato lo stato generale della madre, apprestati corsi di preparazione. Non per tutte questo avviene - si dirà - ma anche nel caso in cui le gravide siano extraxomunitarie, poco propense a farsi seguire minutamente o ignare delle moderne metodiche mediche, l'attenzione possibile viene comunque prestata. In questi casi si tratta per lo più di donne giovani, in questo senso favorite. Le tre che sono morte di parto in questi giorni erano italiane, del nord e, in un caso, alla terza gravidanza. E' difficile non associare queste morti, ormai assurde e prive di una diagnosi - neppur incredibile, manca proprio la diagnosi dei fatti - non siano collegabili al periodo festivo, durante il quale si assottigliano, fin quasi a scomparire, le presenze qualificate, mentre interi reparti, anche di prima fascia, vengono chiusi. Il divieto, sopraggiunto in questi giorni, di prestare lavoro straordinario - per non doverlo retribuire - ha drammaticamente ridotto l'assistenza in ogni specialità. Se non si fosse trattato di una patente negazione della vita, si sarebbero trovate burocratiche giustificazioni a qualsiasi incivile incuria. Non è il personale medico giovane a dover essere messo sotto accusa: per ben due volte, dottoresse giovani e di turno in estate, hanno ripreso per i capelli mia madre che, curata con serietà e normale dedizione, ha vissuto, prima qualche anno e infine, qualche mese in più, fino all'epilogo natalizio di quest'anno, da me sempre paventato, durante il quale il servizio diagnostico si è fatto sempre più difficile, le prescrizioni telefoniche, le visite sono state trascurate, le risposte pervenute da località distanti dalla residenza della paziente, perché le chiamate venivano deviate dall'ambulatorio al luogo nel quale il medico si trovava. "E' andata così, non c'è risposta a qualsiasi domanda, prima o poi succede": perché proprio nei periodi colpevolmente scoperti d'assistenza? Perché i nosocomi chiudono i reparti, non assumono e non sostituiscono il personale, perché si accaniscono nel non voler più pagare lo straordinario necessario e lo vietano espressamente, perché, invece, i bar pasticceria sono stati aperti anche a Natale e a Capodanno e gli empori più banali hanno osservato - non tutti - solo due o un solo giorno di chiusura, quello di Capodanno, durante il quale c'è poca gente in giro dopo una notte di baldorie? Perché solo vendere, vendere, vendere e negare? Perché a questo, in un mare di chiacchiere, non c'è rimedio? E' questo lo stato della nazione, cioè di tutti noi?

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