domenica 24 gennaio 2016

Civiltà compatibile.

Le pubbliche manifestazioni che si sono tenute a Milano, in difesa della famiglia eterosessuale e prolifica ed a Napoli, in rappresentanza del mondo gay aspirante al vincolo giuridico, sono esclusivamente politiche e non rappresentano, nello specifico, le istanze, necessariamente particolaristiche degli omosessuali. Non perché questa nascosta comunità non possieda in fieri delle caratteristiche coniugabili, ma perchè la loro rappresentanza e rappresentatività credo che non possa aspirare alla piena e paritaria omologazione nei costumi sociali. La parità giuridica non modifica, o meglio non eguaglia, la diversità nella percezione della quotidianità, ma rimanda alla sottintesa "querelle" tra maggioranza e minoranza. Accantonata la competizione economica fra le classi, ritornano in auge le contese ideologiche e di costume, nelle quali le posizioni sono ampiamente inquinate o trasversali, come si usa dire. Il Papa ha detto legittimamente la sua, senza citare l'Italia, anche se non poteva che riferirsene, in questo momento. Ha suggerito una ridenominazione del vincolo, come già stava per avvenire con i DICO, propugnati da Rosy Bindi; quindi l'influenza si ripete e attiene a precisi ambiti di appartenenza, da occupare. Per altro, richiamandosi alla natura sacramentale del matrimonio, il Pontefice ne ha circoscritto l'ambito, ha segnato una linea di demarcazione ideologica del proprio gregge, per quanto incoerente e peccatore possa essere. Lo iato culturale nell'ambito della società civile italiana permane, viene anzi sottolineato. Con tutto questo, ritengo che sulla realtà non inciderà ne tanto, ne poco, l'una o l'altra posizione declamatoria. Continua a sfuggirmi l'interesse dei gay al matrimonio, un istituto concepito per organizzare la sessualità e la procreazione, non abbandonarla all'occasionalità. Su questo tema clero ed autorità civili si contendono il fondamento dell'istituzione e la sua amministrazione, laica o sacramentale, primordialmente magica. In assenza, le ripercussioni sull'assetto della società sarebbero indubbiamente impegnative, sul piano della psicologia diffusa e dell'aumento dell'area "out", l'una e l'altra attualmente ininvestigabili, anche se gran parte dei riti valoriali sono condivisi superficialmente e recitativamente. Per cui, estendiamo invece l'area "all inclusive". Si obietta che qualche d'una delle coppie gay è composta da genitori o genitrici che potrebbero preferire un sodalizio diverso eppur rassicurante, piuttosto che dover affrontare una faticosa solitudine, dopo un'eperienza etero andata male. E' anche vero che l'istinto materno o semplicemente il calcolo procreativo, non viene meno nelle donne, che spesso ricorrono alla fecondazione eterologa e, per non creare occasioni di conflitto nella coppia, se ne investe una sola al suo interno. Ma allora perché impedire a coppie di soli uomini di adottare? Non ci sono controindicazioni, né esperienza al riguardo e quelle in corso in altri paesi sono troppo precoci. E' quindi possibile che queste esperienze genitoriali, educative a d'ambiente diano dei risultati positivi, almeno nella stessa stentata percentuale che si constata nelle coppie etero, nelle quali vigono le stesse contraddittorietà e insufficienze che vigerebbero nelle coppie gay. Il problema più grosso nascerebbe nelle comunità scolastiche, nei quartieri più poveri e incolti, fin dalle scuole materne si dovrebbero introdurre dei rigidi criteri anti omofobici, col rischio di privilegiare un'eventuale arroganza, a prescindere o meno dallo stato ambientale, dei bambini omogenitoriali. Insomma, voler mettere insieme gli "opposti" non può che generare inconvenienti, ma è anche un inconveniente omettere di riconoscere uno stato seppellito sotto una coltre di rimozione. Se nell'uno e nell'altro sodalizio si constatassero, quindi, delle uniformità statistiche, non svanirebbero, anzi si accentuerebbero i pregiudizi posti a difesa di un valutazione aprioristica e di non accettazione di una nuova rappresentazione della realtà. Nei fatti, la dicotomia resterebbe e se ne accentuerebbero le manifestazioni, subito intercettate dalla politica, inane sul piano economico e di nuovo schierata a presidio di ideologie "vecchie e nuove" come l'uomo culturale. Ma tutta questa precettistica avrebbe anche un altro scopo: comprendere per uniformare e controllare. E' chiaro che la Chiesa cattolica conduce una battaglia separatista rispetto all'ideologia mondana, soggetta alle convenienze e per questo estranea alla "verità" altrimenti definita dogma, per non perdere la sua presa sul suo pur indisciplinato popolo peccatore e per non disperderne i contenuti connettivi. Su questo terreno le entità religiose e civili si contendono la guida, la dottrina e la legalità. L'uniformità attiene ad una vocazione totalitaria fuor di logica e la stratificazione psicologica ne risentirebbe, la cultura divulgativa dovrebbe adeguarvisi e la sua pubblica manifestazione, così modificata, verrebbe subordinata e racchiusa nelle convenzioni "vecchie, nuove e rivisitate", che si offrirebbero alla disamina...di ogni esaminatore non autonomo, anche perché, in autonomia, se ne asterrebbe. La capacità critica per astrarne sarebbe di pochi e, fra questi, dovremmo annoverare sia i profeti, sia i falsi profeti. Gli effetti, o meglio la loro illustrazione rappresentativa, sarebbero oggetto di manipolazioni - come è sempre avvenuto - rifuggirebbero da qualsiasi approfondimento e diventerebbero materia di identificazione, anche solo di facciata e di scontro fra i paladini delle diverse posizioni, considerando per tali non coloro che vi si troverebbero concretamente coinvolti, ma gli adepti collaterali ai due schieramenti. Una politica spompata e di imitatori, in questo caso ripetutamente sollecitati ad uniformarsi, cerca, anche in questo frangente, di far pubblico atto di sottomissione al potere laico dell'Unione forzata come nei secoli passati ci si sottometteva al Papa o ci si contrapponeva ad esso, in nome di principi che nascondevano gli interessi politici delle diverse nazioni, che pur non si volevano sconvolgere abbandonando il cristianesimo machiavellicamente professato, ma non applicato, secondo l'unitaria matrice cattolica. Ma almeno allora si litigava, il gioco dialettico coinvolgeva e distraeva il popolo, lo portava a schierarsi conformisticamente dalla parte del potere più prossimo. Ora non si può più, gay o non gay. La Chiesa segna un punto a suo favore perché riafferma dei principi non negoziabili, ma sarebbe e non da oggi disponibile a dividere gli ambiti, a negoziare le denominazioni e i contenuti di unioni e situazioni verso le quali si è tatticamente aperta in questi anni di pontificato gesuitico, ponendosi all'opposizione di un mondo che ritiene di non avere più bisogno di lei per sostenere le sue politiche, che sono antipopolari. Da qui la riscoperta del Vangelo per secoli accantonato, per essere "Ecclesia" e non una chiesetta, come ha detto il Papa. Ma il dibattito culturale, strumento di potere per i contendenti, continuerà a svolgersi parallelamente agli eventi.

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