sabato 23 gennaio 2016

Gli psicodrammi dell'ignoranza.

Lo psicodramma bancario di molte famiglie di risprmiatori ha avuto origine nei primi anni '90, allorquando all'allocazione del risparmio domestico e dell'evasione fiscale si sostituì, con l'enfasi della propaganda irrazionale, la trasformazione dei capitali gelosamente custoditi nei depositi titoli, in strumenti speculativi ad alto rischio, del quale neppure i borsinisti conoscevano la potenziale entità. Il personale delle banche fu indotto a collocare ogni sorta di strumento imputato a budget e ad opporre, quasi sempre, alle attonite rimostranze di una clientela per l'innznzi statica e tranquilla, un ritornello che sapeva molto di presa in giro: è il mercato. Il ristagnante risprmio privato continuò ad affluire nelle più fantasiose denominazioni anglicizzanti e ad esserne assorbito perché di quei soldi non si voleva fare un uso specone, dilapidatorio in termini di spesa e si finì per disperderlo nei mile rivoli della gestioni e delle influenze esogene. C'erano dei risparmi accumulati e andavano investiti, a prescindere, senza capirci più niente. La banca ne avrebbe risposto. Invece la banca cambiava pelle. Oggi, quel risparmio - a parte quello più tutelato e amministrato professionalmente, dei grandi capitali - non c'è più e fioriscono, per emanazione diretta, ma nascosta delle banche medesime, i prestiti accordati anche telefonicamente ai già indebitati; una panna montata della schiavitù finanziaria a vita, nella quale al procrastinarsi dei pagamenti fa da corollario un prolungamento indefinito dell'aggio del prestatore. Insomma, la famiglie e gli individui non ce la fanno più. A volte, a fronte di attività d'impresa andate male, ci si indebita per pagare le tasse, gli studi ai figli, fino ad azzerare o dimezzare, nella migliore delle ipotesi, il patrimonio personale, quasi sempre di natura immobiliare. Nell'area dell'euro, tocca alle famiglie italiane la stessa sorte della clientelare nazione d'appartenenza: in pegno ai creditori. Del sistema clientelare durato sessant'anni, molti, troppi hanno beneficiato, modificando la propria moralità nell'occasione di un guadagno fuor di realtà, drogato dal debito pubblico e dalle garanzie che quest'ultimo forniva. Allora i "truffati" di oggi stavano al gioco, convinti in cuor loro che il sistema corruttivo non sarebbe mai stato soppiantato e che costituisse anzi, lo stampo assicuratore della loro disonestà personale. Ma, adesso che il gioco è finito, molti, troppi non conoscono nessuna alternativa nel sacrificio e nell'impegno personale e fuggono, secondo proiezioni ribassiste, da un lavoro esercitato e forse patito, ma che per la presente generazione costituirà sottoimpiego e disoccupazione. Non per colpa loro, dei tutelati, come si cerca di far loro credere, ma di una politica di asservimento comportamentale, che continua, in una, altrimenti impossibile, connessione di complicità, a contare sulla prevalente dabbenaggine del gregge.

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