domenica 17 febbraio 2013

Prospettive.

La campagna elettorale langue perché, quale che ne sia l'esito, le linee di politca macroeconomica saranno comunque eterodirette. Ci siamo legati mani e piedi e rilassati, nella speranza che le possibilità di esercitare un ruolo di leadership nazionale siano "protette" dalle altrimenti gravi ed espositive responsabilità, dalla tutela europea, necessaria e imprescindibile. In questo senso, fra Monti e tutti gli altri schieramenti, esclusi grillini ( movimento di massa ) e fascisti non trasformisti ( movimento di nicchia ), non si segnalano differenze, sia che siano destinati ad un ruolo di governo o di opposizione. Gli Stati Uniti, da dove è originata la crisi, sono entrati a gamba tesa nelle vicende elettorali italiane, eleggendo a loro speaker il povero e anziano Presidente Napolitano, così realista, ormai, da esserlo diventato più dei burattinai. Gli unici dati certi certi di cui possiamo disporre sono: una riduzione di 7 punti percentuali reali del prodotto interno lordo nel corso del 2012, un prosciugamento della liquidità per le tasse e le spese correnti imprescindibili e un accantonamento improduttivo, una immobilizzazione dei capitali finanziari, in gran parte usciti dai confini. Coloro che, prudentemente, avevano accantonato i profitti in immobili e che ancora detengono proprietà industriali, stanno arricchendo consulenti e notai, per escludere dai beni aggredibili, proprio le case, in caso di fallimento o cessazione di attività, in base ad una norma specifica, però fortemente ambigua circa la sua intepretazione, come sempre accade in Italia. Il tessuto produttivo diffuso che nel corso di un decennio e sia pur non uniformemente, ha fatto dell'Italia ( o di gran parte di essa ) una nazione benestante, si sta sgretolando e con ritmi accelerati, mentre non esistono prospettive apprezzabili per quest'anno. Un altro dato certo è che la produzione e il consumo sono già scesi del 25%. Quindi, le aziende chiudono e aumentano i disoccupati, i consumi si rarefanno e le entrate dell'erario diminuiscono in proporzione, così da rendere non più sostenibili le offerte di servizi ( dove sussistono ) che si cercano di mantenere attraverso tagli e imposte locali. Come si può intervenire? Si potrà fare nei limiti dei vincoli di bilancio che, dopo aver rinunciato alla leva monetaria, si sono fatti angusti e soggetti al controllo di un revisore dei conti, che non si mostra riconoscente al vantaggio che ha tratto dalla massiccia esportazione dei suoi prodotti in tutta l'area euro, ma, che già da quast'anno dovrà fare i conti, a sua volta, con la cessazione inprovvisa ma non imprevedibile degli acquisti dei suoi partners messi alle strette. Se lo stato dei conti pubblici fosse quello che, in un solo anno, Monti asserisce di aver prodotto, qualche investimento infrastrutturale sarebbe possibile, ma c'è chi crede che, invece, dopo le elezioni, ci sarà una nuova manovra di prelievo e di prosciugamento delle risorse degli Italiani, se non altro perché, dal prossimo anno, bisognerà osservare l'improvviso, improvvido pareggio di bilancio, assurto addirittura a legge costituzionale, non dell'Italia ma dell'Europa che conta. Bisogna diminuire di un punto all'anno, per vent'anni, la parte del debito pubblico che supera il 60% del PIL= 50.000.000.000 l'anno. Ci si potrebbe arrangiare, se ci fosse un po' di crescita, che non si intravede neanche lontanamente. Ormai, i ricchi non esportano solamente i loro capitali all'estero, ma vi si trasferiscono, al seguito, anche loro, non intravedendo possibilità di investimento, cioè di ulteriore arricchimento e acquisizione di potere in patria e temendone, invece, le predatorie esigenze di bilancio. Di fatto, il Consiglio di amministrazione europeo considera l'Italia un ramo debitore del Gruppo e lo omogeneizza, amministrativamente, di conseguenza. Se un futuro Cancelliere tedesco non accetterà una europeizzazione dei debiti pubblici o, attraverso un rilancio della sua domanda interna, facesse diventare la Germania importatrice, aumentando però corrispondentemente la sua inflazione, la situazione non si sbloccherà. La nuova Europa guglielmina non si farà condizionare dal fantasma di Weimar? Se non di Weimar, di un impoverimento percentuale dei suoi cittadini, realisticamente sì. Lo accetterebbero gli elettori tedeschi? E se si addivenisse ad una omogeneizzazione continentale politica, ne diventeremmo i "terroni"? Probabilmente sì. E' anzi più realistico pensare che di "terronie", sul continente ce ne saranno parecchie, anche fra le regioni degli stessi Stati prosperi, prospettiva nella quale il progetto leghista appare provinciale nel momento stesso in cui, senza il suo contributo, si realizza.

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