domenica 7 novembre 2010

Milone

Caro Milone, un sole rifratto, tipico del periodo, illumina la Festa della vittoria mutilata - come la chiamava D'annunzio, quando non era impegnato con i suoi cani al Vittoriale per cerimoniali non celebrativi o con Eleonora Duse, per non "specchiate" rappresentazioni. Il centro cittadino è presidiato da figure improbabili - sempre le medesime - che mi pare di avere scorto anche lo scorso anno ed in tutti i numerosi anni precedenti. Identici, se non gli stessi. L'ufficiale dei carabinieri, alto e magrissimo, che con un guanto ( uno solo ) ripiegato nella mano destra, incede lungo il Pavaglione, incrociando una crocerossina anziana in completa uniforme, che a passettini misura l'acciottolato, con un piglio eviratore e deluso per essersi sciolto nelle trincee ideali e fra le tende da campo, nella cura amorosamente ipocrita e strumentale dei mutilati e nelle ridotte di qualche ufficialetto, che non la sposò. In fondo al porticato, una camionetta con tre poliziotti, con iscrizione sulla schiena, manganello e pistola, capelli arruffati e barba incolta, a contraddire l'iconografia militare, da loro desueta. Fra di loro ed intorno a loro, si affastellano, affollandosi, ma del tutto indifferenti, ragazzi e meno ragazzi in simil eskimo di panno con cappuccio, ragazzine in jeans d'ordinanza, signore e signori dalle mises variabili. Dalla facciata di palazzo D'Accursio, ad ogni finestra e balcone, pendono panni bordeau, come per i decennali parrocchiali.
Sono ormai cerimonie senza partecipazione e senza interesse, probabilmente neppure per chi è comandato ad officiarvi.
Onore ai caduti e a coloro che cadranno! E' la loro unica utilità pretestuosa.

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