martedì 5 agosto 2014

Le riedizioni dell'opposizione sterile.

Il M5S ha abbandonato l'Aula, insieme alla Lega, dove il Senato della Repubblica sta votando il suo suicidio, con il presidente della Repubblica in vacanza ed i nominati del "porcellum" - che per questo obbediscono pedissequamente all'ingiunzione di buttarsi dalla finestra, in attesa di negoziare nelle quinte colonne un loro ignavo e servile ricollocamento. Il senatore Felice Casson, già magistrato a Venezia, forte della sua cultura istituzionale e della sua concreta mentalità ( è figlio di un pescatore di Chioggia ), ha loro rimproverato la latitanza dall'ultimo confronto parlamentare, sostenendo che le cose sarebbero potute cambiare. Mal che fosse andata, si sarebbe sgretolata dal suo intonaco, la parte minoritaria del PD. Il guaio è che il M5S - che pure ho votato per due volte e che ritengo ancora utile, dialetticamente, nelle morte gore del nostro declino nazionale - una cultura istituzionale non ce l'ha e lo sta dimostrando in maniera smaccata in queste ore. Se ce l'ha, possiede una culturicchia spuria e meticcia, parziale. Se si fosse già instaurata una dittatura, come non era avvenuto, quando gli "aventiniani" ne facilitarono l'insorgenza, potrebbe starci. Si tratterebbe di passare in clandestinità. Ma una dittatura formale non è alle porte e di quella informale, dedita agli equilibri maggiori in Europa ed a loro oggettivamente subordinata, agli italiani medi non potrebbe fregargliene di meno, anche nell'immiserimento della condizione di tanti di loro, della quale cattolicamente sospirano e si lagnano senza costrutto. Le battaglie, se sono sincere, caro rag. Grillo, si combattono in Parlamento e nelle Piazze. L'aver riesumato il faticoso contatto stradale con gli elettori, mi aveva molto ben impressionato. Altro che "populismo", espressione nella quale traspare tutto il disprezzo che nutrono i traffichini della politica senza impegno, vecchi e nuovi, verso la nazione e la decisione di non farsi inzialmente assorbire nelle spire delle mediazioni, altrettanto, ma la "scelta", pubblicitaria ed opportunista, di non combattere più in Aula e di uscire, come opposizione borghesuccia ed offesa, non la condivido. Per fare che cosa? Per limitarsi alla pubblica lamentazione? Per non sporcarsi le mani? No, cari impiegatucci dell'ideale; si cresce nelle lotte e nella dialettica civile e parlamentare, nella quale molti di voi non hanno affatto demeritato, forse per la mediocrità imperante, aggravata dalla dipendenza clientelare con gli apparati, dei movimenti e dei partitucoli, che, per denominazioni e composizione, ricordano la "democrazia sud americana", latina comunque. Ma, anche voi, assoggettandovi ai diktat di un capo esterno, avete perso un'occasione di libero arbitrio evolutivo, mentre in parte, vi siete dispersi per ragioni di stipendio - da quegli impiegatucci che siete - e vi siete estraniati da una battaglia per la quale eravate stati eletti.

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