martedì 14 dicembre 2010

Milone

Buongiorno vecchio mio e bene alzato.
Oggi occupo la cella di un collega dedito alle imprese, che sta smaltendo le sue ferie come i grassi superflui alla salute dell'organismo aziendale. Sono all'estremo opposto del corridoio carcerario ideato da Gae Aulenti per le maestranze Credem'a me. Sento in lontananza la voce monocorde, come quella di una segreteria telefonica, del nostro capostazione di Aversa che chiede di me, sospettando che anche oggi sia arrivato in ritardo, anche se questa mattina sono sfuggito al suo controllo, perché in ritardo è arrivato lui. Non passano venti secondi che, come atteso, inquadro la sua testa nella finestra che dà sul corso laterale al CIM: controlla con un solo sguardo, chiede conferma di quello che già sa, ringrazia e saluta. Sempre le stesse parole, come "il pranzo è servito" degli attori esordienti. Saltellando da un posto all'altro, manteniamo coperte le posizioni, come i mezzi busti della R.A.I. durante la prima Repubblica, o come i manichini che il papà di mio cognato, già bon vivant, corridore delle Mille Miglia, metteva nel letto della casa di campagna per ingannare l'indaffaratissima consorte, vera architrave anche economica della famiglia ed uscire dalla finestra, per recarsi a far visita a qualche succulenta contadinotta.
Così inganniamo il nostro Super-io, aziendalmente orientato, e cerchiamo di insinuarne uno conforme agli educandi collaboratori. Ma, sapendo che le costrizioni interiorizzate si trasformano in nevrosi - e quanti sintomi e prodromi se ne avvertono d'intorno - continuerò a far conto di essere a teatro, casomai all'Arena del Sole che celebra i suoi duecento anni, i primi centocinquanta dei quali, dedicati all'intrattenimento diurno del popolo, che assisteva agli spettacoli masticando una crescente con la cipolla e commentava le vicende a viva voce, interagendo con gli attori. Nell'Arena indistinta, si mischiavano grossolanità e riservate e modeste finezze, che non avevano altra possibilità di contemplazione e di espressione.
Deve essere l'ora del libero passeggio nel corridoio della nostra San Quintino, perché un altro detenuto nei box sbuca lungo il camminamento e dice la sua su questa mia.
Ci sentiamo.

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