domenica 5 dicembre 2010

Milone

Caro Milone, bunkerizzato sulla linea dell'Equatore di via Indipendenza e preso purtroppo da mille altre incombenze, mi era inizialmente sfuggita la dipartita di Mario Monicelli, autentico autore e raffinato tecnico del cinema, nei confronti del quale i tentativi di classificazione nell'ambito delle convenzioni politiche, ideologiche e morali "politicamente corrette", non hanno mai scalfito la sua fiera ma tranquilla particolarità di "maledetto toscano". Viareggino di nascita, quindi versiliese, come la mia mamma, che però è di Lucca, ( due mondi separati da soli cinque chilometri, ma irriducibili, direbbero gli uni degli altri ) ha avuto per tutta la sua lunga vita una visione senza filtri dell'esistente, ritradotto in immagini fedeli e, e perciò stesso urticanti. Ironia, intelligenza, assoluta indipendenza di giudizio lo hanno guidato nella sua esistenza appagata, che non ha voluto più condurre allo sfacelo del cancro che lo divorava. Essendo molto anziano, la sua malattia è evoluta lentamente e fino a Maggio, magro, esangue, ma lucidissimo, aveva rilasciato interviste e lasciato il suo contributo penetrante e fuori dalle mode e, proprio per questo, tanto chiarificatore ed incisivo. Quando ne ho accennato a Giuliano d'Aversa, uno dei maggiori teologi del nostro Ordine - come avrebbe chiosato Umberto Eco - mi ha chiesto: "e chi era?"; "novantacinque anni? Corbezzoli!"; " si è suicidato, come?"
Il tempo passa e cancella tutti i suoi segni per poi ridisegnarli, sempre uguali, ma con differenti capacità d'espressione. Nella sua morte Monicelli ha dato testimonianza di un ethos antico e precristiano. Niente funerali, a che e a chi servono? Il figlio, già anziano, ha aggiunto: "nessuna litania dolente; per vivere, ha vissuto." E tanto basta.

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