giovedì 10 marzo 2011

Milone

E così, caro Milone, tornan le dolenti note a farmisi sentire.
Negli ultimi vent'anni, il Credem'a me ha rinnovato, almeno due volte, il pur giovane assetto dei propri dipendenti, attraverso ristrutturazioni organizzative finalizzate. Anche stavolta, con l'introduzione delle aree territoriali, che hanno creato una massa insostenibile di competenze ed obblighi geografici anche fra i responsabili intermedi, si rimanifesta il turbillon dei trasferimenti cervellotici ed a grappoli, che danno soddisfazione solo alle ubie dei direttori che vogliono questo e non quella, senza che la minima facoltà di interlocuzione sia concessa ai destinatari dei provvedimenti.
Siamo agli albori dello studiato fenomeno e già fioccano la dimissioni - tanto cospicue nel tempo, da farci finire sulle colonne del Sole 24 Ore, giornale serio e documentato, quanto confindustriale.
Tutta questa passione e Responsabilità non si capisce a chi sia riservata, di fronte ai dati dell'esperienza empirica, a meno che, in C.D.A. non ci si autorassicuri, dicendo: "l'azienda c'est moi!" come già il re Sole e Napoleone e, ultimamente, Gheddafi, a proposito della Libia in rivolta.
Il fenomeno, che è figlio dell'anarchia metodologica e del mercatismo fine a se stesso, era già noto in Credem, quando altrove, keynesianamente non vigeva e non era tanto corollario di frenesia concorrenziale quanto riaffermazione costante e circoscritta di utilità, potere e redditività, nella quale ci si guardava e ci si guarda bene dal coinvolgere i virtuosi, ma dimissionari sottoposti.
L'azienda, la ragioneria, elevate a filosofia di vita, mentre si disprezza quella non strumentalizzabile, rivelano alle giovani generazioni quanto inaffidabili siano gli uomini ( e le donne ) e quanto indifferenti siano, agli altri, i loro obiettivi.

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