sabato 22 dicembre 2012

Linotype.

Con l'improntitudine di chi pensa solo a se stesso, la propaganda politica ha rioccupato totalmente la cronaca e oscurato mediaticamente chi l'aveva insidiata, durante la sospensione della democrazia, durata tredici mesi. In questo ha ragione Berlusconi, fatta salva la sua correità, perché non l'ha contrastata, pur essendo al governo. Beppe Grillo, lavorato ai fianchi da due sue creature mediatiche, la prima in scadenza di mandato e costretta a riciclarsi in un altro movimento e la seconda, neppur nota localmente, già gli onori televisivi: penso che abbia ragione Grillo a ritenere che agiscano per fini personali. Anche gli altri eletti trasmigreranno dopo due mandati in altre formazioni e lavoreranno, per poterlo fare durante il mandato grillino. Per impedirlo si dovrebbe instaurare un regime totalitario, gestito attraverso la Rete, credem'a me e, qui, per fortuna cascherà l'asino della politica mitologica, della Rete e non. L'Europa riscopre la sua tradizione guglielmina, autoritaria e antidemocratica, mentre si concerta per resistere alla crisi finanziaria indotta dal crack truffaldino della Lemans brothers e dall'emersione dei mutui subprime, di cui si erano infarciti i portafogli delle banche e dei loro clienti speculatori. Se ne erano astenute, in parte, le banchette autosostenentisi con una coorte limitata di clienti, custodia e tutela di depositi di commercianti e di accantonamenti prudenti dei cespiti dell'avasione fiscale, parcheggiati anche in obbligazioni a breve termine delle banchette "cooperatrici" medesime. In regime bipolare, un neo centro costituito dalle due pertinenze berlusconiane, Casini e Fini, rischia di proporsi senza un leader, non fidandosi Mario Monti dell'appeal modesto di due compagni di ventura così grigi e maldestri e preferendo un'altra imposizione di quegli ambienti europei, ma anche nord americani a cui ha prestato la sua opera in tutti i contesti possibili, ricevendone, in cambio, ricchezza. L'impotenza e l'inadeguatezza, tecnica e culturale, della pletorica classe politica italiana è evidente e smaccata, ma questa realtà non deve costituire pretesto per altri demandi. Si sta giocando col morto e il morto è la nazione: i giovani, l'avvenire, sono solo il pretesto degli interessi consolidati in atto; nella migliore delle ipotesi ne sono lo strumento. Un meccanismo di appiattimento dell'Italia, tutta intera, sulla volontà dei paesi storicamente egemoni e meglio attrezzati, comporterebbe una transizione lunga una generazione, caratterizzata da disordine e sperequazione sociale, ma una via autonoma, ne comporterebbe un'altra, marginale, conflitttuale e dissipata. Le origini di questa crisi risiedono nell'abbandono del conflitto statico fra il capitalismo, variamente corretto in Europa e il comunismo realizzato, povero economicamente, ma forte organizzativamente e militarmente, fino a che l'onere insostenibile delle guerre stellari, che avrebbero inibito la capacità di reazione missilistica dell'Unione sovietica, ne provocarono lo scioglimento. Subito dopo, quella parte dell'Europa occidentale, spartita pro occidente,smise di contemperare un capitalismo arretrato ed egoistico, credem' a me, con una grande industria e un grande sistema bancario, nell'ambito di un corporativismo per azioni, altrimenti detto I.R.I., che le poteva permettere una legislazione sociale di prim'ordine e una serie di svalutazioni competitive, quando la propria valuta era sott'attacco e il ciclo economico declinava: le cosiddette congiunture. Caduto il muro, si cominciò subito a parlare di competitività e io ne trassi subito i peggiori auspici, che si sono puntualmente concretizzati; rispuntarono i liberali che erano stati una reminiscenza ottocentesca nel nostro Parlamento e che erano stati superati dai neo-fascisti, sul piano elettorale nel volgere di pochi decenni. Provocando l'emarginazione pauperistica di almeno un terzo della popolazione, in progresso di tempo, l'apparato sociale che ne uscirà confermato nei suoi privilegi, non potrà più limitarsi allo Stato, alla sua polizia e al suo esercito, o meglio, allo Stato che ne è espressione. In assenza della componente politica artefice di una parte importante della Costituzione, dovrà giocare di concerto con i movimenti parafascisti privati che, non solo imperversano in Europa, ma stanno travalicando i confini, senza neppure cambiare il loro logo, il loro marchio sociale. E' così che Alba dorata, sta apprestando ( con quali soldi? ) sedi e liste elettorali in Italia, con un programma volutamente riconoscibilissimo, basato sulla supremazia delle popolazioni bianche europee, sull'antisemitismo e la xenofobia, richiamando, per altro, un non meglio specificato ruolo economico e sociale per il rinascente proletariato del continente. L'apparizione, in Grecia di elementi di una polizia sovranazionale europea, che non hanno mostrato riluttanza ad appoggiarsi ai fascisti di Alba dorata - come aveva già fatto la polizia nazionale - più che inquietare, deve farci prendere atto che l'autoritarismo, sotto le parvenze formali della democrazia parlamentare, sta ormai consolidandosi, senza essere stato dichiarato. Inutile illudersi di mobilitare su questi temi la società civile: l'indifferenza regna sovrana, come in ogni altro periodo di crisi profonda e di trapasso sistemico e l'assenza di una classe operaia organizzata politicamente e, se servisse, anche militarmente, non inclinano a niente di buono. Attraverso l'amputazione di una parte importante della resistenza sociale si è aperta un'altra volta, la via di una dittatura, quanto sopportabile, essendo solo funzionale al mantenimento di interessi, non è dato valutare ancora. Quanto alla capacità di una efficace azione di contrasto, condotta a livello continentale, è meglio non pensarci neanche: sarebbe un ecumenismo suicida. Saranno le piccole Patrie, le aree geografiche ed economiche coinvolte e quelle, altrimenti, escluse ad agire e a mettere in crisi i modelli temporaneamente e localmente prevalenti. Ma dubito che avranno la forza e forse l'intenzione stessa di sovvertirli.

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