venerdì 21 dicembre 2012

Bilanci.

Si chiude un'altro anno di merda, credem'a me. Questa accolita di spilorci reggiani mi ha sottratto il premio di rendimento, calcolandolo per le remunerazioni ruffianesche di qualche suo accolito. A questi ultimi invertebrati, molto ignoranti, ad onta delle loro laurette, investite in un'ipotesi, più di ambiente piccolo-borghese che reale, in occasione delle festività tradizionali, concedono prioritariamente quelle brevi assenze fra un lavoro e l'altro che chiamano ferie: soprattutto alla bassa forza degli esecutivi. Quest'anno, le mie ( feriae in latino ) ex lege 104 e anche il "permesso contrattuale" saranno dedicate alla mia mamma, che, di Natale, potrebbe non conoscerne un altro, anche se io spero di sì, finché la coscienza la sorreggerà. Nella loro logica meschina, valgono di meno, nella mia saranno un onere felice, che non mi consentirà le tradizionali ferie di inzio anno, dato che il Natale mi intriga solo culturalmente per la simbologia che sottende ed alla quale si è sovrapposto. Nulla mi apparenta a questa "brutta gente", la cui unica filosofia di vita è ragionieristica; mi è toccata la peggiore combinazione sulla roulette della cessione di ramo d'azienda e me la gestirò fino alla fine, nella legalità e nella conservazione, pur insidiata, dei miei contenuti e valori esistenziali, inconcepibili per loro. E' stato degradante, in senso etimologico, scendere di livello e riscoprire la piccineria delle piccole aziende familiari e il pronto conformismo di chi vi ha raccatato un lavoro ( o barattato un portafoglio ), con contributi pagati dallo Stato per i primi quattro anni di "formazione" e sei mesi di analisi comportamentale e di adattamento gratuito per il datore che, dal prossimo anno prevederanno, almeno, quattrocento eruro lordi al mese per chi se ne vale. Non vale la pena di scomodare la sociologia economica per illustrare il modello sub mentale che passa per la metodica del Credem'a me, votato allo sfruttamento ciclico e continuo delle nevrotizzate e affaticate maestranze. La produttività, infatti e il conseguente profitto sulla prestazione lavorativa non è frutto solo della capacità lavorativa, bensì di una combinazione di fattori: la tecnologia che viene utilizzata e che da noi, credem'a me, è primitiva, volumi di produzione, che sono bassi e tarati su una clinetela di bottega e affidataria, ambiente di lavoro, che meglio si attaglierebbe al vestibolo di una casa di moda, credem'a me, organizzazione dello stesso lavoro, che vede le disseminazione delle pedine da un giorno all'altro, dalla mattina al pomeriggio, in mansioni promiscue, non consentite dal contratto nazionale di lavoro, pur residuo, del credito, al quale, nella prassi e nella "cultura" imprenditoriale, non apparteniamo, credem'a me. Anzi, in presenza di trumenti tecnici di rivalsa, perché costosi, è gioco forza che la fatica fisica e nervosa debba accentuarsi, talvolta fino al parossismo, in rapporto a basse, bassissime retribuzioni rispetto all'impegno esercitato e al "prodotto" realizzato. Se qualcuno, come me, non è coinvolgibile in questa mentalità da squadra "alle presse", gli si ruba la giusta mercede (giusta da ius=diritto), gli si calcolano studiatamente gli incrementi dei ritmi nell'ambito dell'orario contrattuale, si cerca di penalizzarlo per "premiare" i ruffiani, con lo stesso metodo che si usa per addestrare i cani che devono ricevere un bocconcino dopo ogni esercizio compiuto. L'analisi compiuta dagli psicologi aziendali durante gli stages ha sortito i suoi frutti, psicologi, a loro volta, "fortunati" perché ricevono un appannaggio e che, altrimenti, agendo cioè in positivo, rischierebbero la fame. Per cui, buon anno sfigatoni! Avrete agio di conseguire un orario "negoziale", nel senso di negozio e sprofonderete professionalmente ancora di più: nella prassi quotidiana, però, non ve ne accorgerete neanche, credem'a me. Col tempo, potrete lavorare, ufficialmente, per 2.000 ore all'anno e fino a 70 anni di età, se non riusciranno altrimenti ad espellervi " per gravi carenze evidenziate nella terza età", in un succedersi di riunioni - eccetto quelle sindacali, che intervengono solo quando si firmano i contratti nazionali di lavoro, perché così prevede la burocazia interconfederale, alla quale anche il nostro cappellano deve ottemperare per non perdere il comodo approdo, il suo doppio comodo approdo. Con le risorse finanziarie a voi destinate, dall'impresa per l'impresa, la struttura amministrativa e burocratica che vi opprime e che vi tocca di mantenere col vostro lavoro, perché il padrone la benefici e la promuova, dovrete continuare a sbattervi, per ottenere - ma non per voi - quello che le altre aziende ottengono e parzialmente ripartiscono con 1.400 ore a testa.

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