mercoledì 3 agosto 2016

Intanto i bambini muoiono di fame.

Nel mondo evanescente e in trasformazione senza bussola, pochi hanno finora incitato le giovani generazioni a rinverdire i principi a cui credono d'ispirarsi. Lo ha fatto il Papa a Cracovia e ha fatto bene. Giusti, sbagliati o inconsistenti che siano, i principi conferiscono una forza interiore che guida a superare gli ostacoli e, quindi, in qualche caso, ad affermarsi nella vita. Non in tutti, ma la testimonianza, per "inutile" che sia costituirà sempre un riferimento o una contraddizione rispetto al conformismo di cui il vecchio gesuita intravede i prodromi, per altro molto confusi. Proprio per questo ha esortato i ragazzi a non lasciarsi fuorviare dalle ideologie alla moda, in altri termini dai falsi profeti. Perché sia possibile, almeno in questa società, sarà necessario che lo stato medio delle persone sia sicuro: solo su questa base si potrà immaginare di poter andare (in)contro al mondo e sarà comunque opportuno farlo, essere quell'elemento di contraddizone, di separazione, che anche il Vangelo pone al centro del suo messaggio e che è stato sistematicamente rimosso nell'esperienza storica. I bambini di Aleppo, in Siria, che stanno morendo di fame e che non potranno quindi illudersi, allontanadosi, migrando, di trovare un altro mondo accogliente, non potranno farlo. Si rivolgeva ad una folla di giovani mediamente acculturati e li ha invitati a essere oppositori nel mondo, valendosi del messaggio cristiano, quello evangelico che oggi è proclamato, ma domani potrebbe di nuovo essere messo in sordina. Nella migliore delle ipotesi, per chi si troverà nella condizione di o vorrà aderirvi, ci sarà il Golgota sociale, un' immolazione d'amore non dissimile da quella dei martiri di Allah, suicida solo nelle sue potenzialità di affermazione, di dominio e di piacere, autoinflitta ...anche agli altri, perché sarebbe per gli o le incauti/e compagni/e di viaggio, un percorso nella rinuncia. Sembra quindi un progetto intellettuale, come si addice al sottile gesuita, insidioso, ma necessario se non ci si vuole rinchiudere vilmente nel dogma, alla moda o immutabile. Però, piuttosto che ondeggiare come fuscelli al vento, è meglio, trovando corrispondenza nello stesso crogiolo, cercare fortezza in valori - a mio modesto giudizio relativizzabili sul piano esegetico - ma rassicuranti riguardo alla propria identità, anche se, in questo caso, saranno ingannevoli e potenzialemnte ingannatori. Qui si pone il ruolo della religione nella società moderna e la sua accettabilità acritica, "antidoto?" agli slogans, subordinati ad interessi economici, che coinvolgono anche la Chiesa, soggetto storico, ma non la fede. E' questo che vuol far intendere il Papa gesuita? E' per questo che la Chiesa istituzionale lo avversa e quella che lo circonda lo controlla, nonostante che si sia rifugiato in un monolocale con servizi? Intanto, dopo la ibrida preghiera comunitaria dei musulmani in chiesa a Rouen, il rappresentante degli islamici d'Italia propone la preghiera con i cristiani in Moschea al venerdì, in Sinagoga al sabato ed in Chiesa la domenica. Tutti insieme, alla ricerca di una sintesi ( possibilissima ) dei credenti nel Libro, ma con il necessario corallario della sua precipitazione in un culto sincretistico. Gli Ebrei non accettranno mai una simile assimilatrice proposta e cristiani e musulmani perverrebbero presto alla stessa incomprensione che vorrebbero rimuovere, anzi cattolici e musulmani, due confessioni intrinsecamente intransigenti, perché le chiese nazionali riformate non battono ciglio, rifacendosi alle decisioni dello Stato protettore, al quale si sono storicamente subordinate, non costituendo più un'antitesi al potere civile. Oltretutto, il culto islamico è preghiera paritaria che, al massimo, può essere guidata e che consiste in recitazioni apprese ed uniformi, come quelle cattoliche, ma, a differenza della Messa, non è un officio, né un sacramento, che i musulmani non contemplano, come gli Ebrei, essendo entrambi veterotestamentari. Sul piano morale il Papa ha blandito e bandito, con vigorosa poesia, il suo giovane gregge, con la sicurezza incontestabile, alla luce di un'illuminazione non indagata, che il dolore, come il successo, costituiranno motivo di riaffermazione del sentimento interiore, ma questo non può bastare a chi ricerca, senza fede, una sistemazione realistica ed evolutiva sempre migliore, senza aspirazioni alla perfezione e neanche all'uniformità ( meno che mai! ) per i sei miliardi e mezzo di scimmie che si sono evolute ed ora sono costrette a contemplare, ma anche a misurare e correggere il loro dolore e la loro fatica, smussando e contrastando la spiacevolezza su cui si basa l'orgoglio e l'offensiva disparità, che è anche e soprattutto morale e non prevede rispetto per i deboli. Del resto, prima che ogni elucubrazione sia rispettabile e discutibile, bisogna che i bambini di Aleppo non muoiano più di famee, quale che ne sia la causa, nessun bambino, in nessuna parte del mondo. Altrimenti, la speranza dimostra tutta la sua illusorietà.

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