venerdì 30 novembre 2012

L'opera da tre soldi.

750 euro di riconoscimento economico per 25 anni di servizio=30 euro all'anno. Non sono riusciti a licenziarlo, quando ci hanno vergognosamente provato, per sbarazzarsi di un tutelato di legge e lo dileggiano così, in carta pergamenata riciclata. Eppure, nei lazzi dei frustratissimi colleghi, non si è saputo rilevare altro che le sue assenze, ergo, il "vantaggio" che la sua condizione ha comportato per lui, rispetto alla loro. Lavorare, come dei servitori al Credem'a me contempla una perdita secca, nel corso della vita lavorativa, di 20.000 euro, pari alla somma standard del premio di fedeltà venticinquennale, trentennale o trentacinquennale, divenuto prassi dei Contratti integrativi aziendale di tutte le altre banche e banchette. Dimenticavo, al Credem'a me, il contratto aziendale è individuale e pattizio. Lavorare, come delle trottole, senza scopo e senza obiettivo che non sia una continua reiterazione del volano dei profitti, dentro il quale la fatica, anche fisica, è solamente l'elemento catalizzatore, comporta dei riconoscimenti economici, esclusivamente per la combriccola azionaria tradizionale, di una provincia che, con padroni di questa meschinità, è stata la punta di diamante, pur così piccola, dell'insurrezionismo storico emiliano ed italiano e che deve solo ad una sperimentata amministrazione una buona distribuzione del reddito prodotto, mentre ai poveri operai della Vigna, che non berranno il vino, è solo e sempre ammannita una retorica del successo e dell'eccellenza del risultato prodotto. Questi poveracci non prendono e non prenderanno mai il Premio di Rendimento e il Premio di Produttività, stimabile, su basi medie, in 6.000 euro all'anno. Forse non prenderò più, quello ereditato da Unicredit-Banca di Roma, neanch'io, ma ne ho goduto, senza tentativi di scippo, per ventotto anni. Siamo i primi, nessuno è come noi!! Noi chi? Eppure, sostanzialmente in nero e proporzionalmente a quanto riescono a spremere alle maestranze, pur travestite, ma sempre di rango inferiore e diverso, non manca chi si vende. E' da questa razza degenerata di persone, di aridi sentimenti e di materialistica sensibilità, che viene contagiata la piccola borghesia impiegatizia, che trascina la sua vita ai limiti della più essenziale amministrazione familiare e che, proprio da questa condizione, trae le sue autogiustificazioni morali. Eppure, sostanzialmente in nero, tanti si vendono, nel mercato ristretto delle infatuazioni carrieristiche, di una maggior larghezza di possibilità, contraddette dalla fatica e dallo stress imposti con calcolato egoismo. Questi Paria, senza patria, provengono quasi tutti da dismissioni di altre aziende di credito o si sono fatti suggestionare da un ingaggio superiore e da un buon inquadramento ( riservato esclusivamente ai già Quadri direttivi ) e si trovano ora a sovrintendere a mercati e punti di vendita, dopo aver servito a domicilio aziende cittadine e del territorio, pedibus calcantibus, per risparmiare sui mezzi propri. Per questo, pur avendo un orario di massima e consentendosi alla mattina una levata più confortevole, invecchiano in azienda, misurando le forze calanti col progredire dell'età. Eppure, sotto l'egida spirituale del Cappellano aziendale, si spogliano delle loro facoltà legali, con private denudazioni ed abbandono delle mansioni superiori, per indossare, in fine di carriera, il saio del francescano cassiere, dividendosi, talvolta, fra due diverse aree organizzative. Eppure, nessuno denuncia, nessuno protesta. Si dice che qualcuno ci abbia provato dopo aver dato le dimissioni che, essendo rallentate moltissimo in questi tempi di mercato commissariato ( alla faccia della libertà d'impresa ) provocano sussulti di egoismo negli apparentati azionisti del Credem'a me e nei loro picadores, i cui benefits sono proporzionali allo sfruttamento degli amministrati, sguinzagliati a tener riunioni carbonare, cioè dopo l'imbrunire. I tardivi pentiti del sistema evasivo dei contributi - su quello delle tasse si è ripetuto, sottolineando di averlo già fatto ripetutamente, l'Adolfo reggiano, dopo che sono state bannate, ad opera di alcuni, ma non di tutti, le mie pubbliche repliche e dimostrando, a prescindere, di essere non solo un arrogante, ma anche una persona di non eccelso intelletto, che si rivolge, inconsciamente, agli azionisti mentre propone le sue tesi ai lavoratori normalizzati, come se non si fosse trattato di volgare evasione -, speravano, nella loro plebea bulimia, di recuperare qualcosa in sede di diritto, ma, giustamente, il "ravvedimento" non operoso non sarebbe stato utile a sancire un cambiamento stabile nei comportamenti dell'imprenditore e dei suoi poveri manutengoli e il giudice, nei termini e nei modi proposti, non li ha accontentati, perché , Credem'a me, avevano, consensualmente, violato la legge. La Banca d'Italia, nell'ultima ispezione istituzionale presso il Credem'a me, ha rilevato come "non si giustifichi più la ridottissima e ristrettissima "reggianità" della proprietà che, oltre a due ( su quattro ) rampolli di Achille Maramotti, comprende altri 138 soci "forti" e 3.000 "piccoli" azionisti, tutti reggiani o di origine reggiana. Oltretutto, questi provinciali, se non avessero avuto bisogno di acquistare la Banca Euromobiliare, per specifiche evasive operazioni, non sarebbero stati neppure trascinati in Borsa da quest'ultima che vi era già quotata. Il Credem'a me non è entrata nelle "blue chips", per i suoi numeri, effettivamente eccellenti, ma riservati solo alla combriccola azionaria, per il limitatissimo flottante, che ne impedisce l'altrimenti agevole acquisizione. Qualche servatorucolo abituato, ne sono certo, si sente "tutelato" da questa ulteriore anomalia che pone il Credem'a me nell'ambito della entità non bancarie, se non formalisticamente, mentre il fortino protegge solo, oltre ai proprietari, gli ammanicati componenti della coorte. Non credere, o popolo alla banca meritocratica. La tua è una banca clientelare all'ennesima potenza, un Viagra per pochi intimi. Una banca, ormai nazionale, dovrebbe aprirsi alla managerialità multietnica ed a regole contrattuali che l'A.B.I. sottoscrive anche per suo conto, alle prassi sindacali mutilaterali, anche se, possibilmente, unitarie, che, i tribunali continuano a sancire nonostante un attacco che il Credem'a me ha anticipato di generazioni, restando immobile e ristretto nei suoi usi padronali. Una banca con i numeri del Credem'a me dovrebbe uniformarsi ai criteri retributivi vigenti in tutti gli altri Istituiti di credito - se non fosse un Privé - rispetto ai quali, costituisce una realtà anomala e unica. In essa, le quiete maestranze che, se scioperassero, sciopererebbero anche contro l'affidata e affidataria clientela, si impettiscono in un ruolo immaginario, dentro un dedalo di acronimi. Se si trovassero ad operare nell'ambito di organizzazioni aziendali complesse e mastodontiche, soffrirebbero dell'improvviso anonimato, protetti, invece, dal quale, potrebbero godere di carichi e ritmi di lavoro rispettosi del loro decoro, guadagnerebbero di più, non dovrebbero preoccuparsi di comunicare se sono in coma al disciplinatore dei luoghi vacanti, avrebbero degli orari di lavoro, degli straordinari da recuperare o farsi retribuire, un inquadramento con dei compiti specifici, dei criteri condivisi fra le parti riguardo alla vita aziendale ed ai provvedimenti disciplinari. Smetterebbero di riunirsi, al solo scopo di farsi indottrinare, dopo una faticosa giornata. Avrebbero una rappresentanza sindacale da scegliere e, attraverso le assemblee e il volantinaggio, gli scioperi e, soprattutto, il contatto costante con i propri rappresentanti eletti, darebbero un senso, anche per sé, alla loro opera. Non sarebbero più un mero strumento della proprietà. Bisogna purtroppo notare come questo costume, che pur sopravvive, si sia attenuato anche nelle altre banche e che l'affievolirsi dei diritti e della loro proposizione ha provocato, in parte, il declino di un modello contrattuale molto evoluto che è regredito in forme produttivistiche, meschinamente reddituali, riducendo all'osso la natura principale del Credito: il servizio. Nonostante ciò, il Credem'a me, che non è una banca, ma un Cenacolo nel quale le maestranze sono dei famigli domestici e sono i servi della associata clientela, si è sempre estraniato e si estrania, da ogni prassi e pratica bancaria, da ogni forma, anche strumentale, di solidarietà di sistema, tanto che non aderisce neppure al Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito degli esodati o differiti previdenziali che preferisce levarsi di torno con accordi privati individuali, tanto poco trasparenti, quanto, conseguentemente, poco garantiti. Fuori dai suoi canoni, funzionali e subordinati ai suoi interessi, il Credem'a me non conosce regole comuni e, proprio per questo, può valersi dell'appiattimento e dell'invidiosa testimonianza dei suoi ablati subordinati, perché anche la schiavitù, per chi non è avvezzo a cavarsela da solo, può rappresentare un rifugio

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