venerdì 23 novembre 2012

Le buone ragioni.

Questa settimana mi hanno particolarmente colpito tre fatti, apparentemente scollegati, che invece fotografano, secondo me, una uniforme realtà umana. Il cappellano del carcere di Opera si era fatto, da anni, un harem di giovani detenuti extracomunitari, in cambio di piccoli beni di conforto e del conforto dei suoi buoni uffici per farli uscire prima o temporaneamente dal gabbio. Al subdolo delegato ecclesiastico deve esser sembrato conforme che i beneficiari gli ricambiassero il conforto, anche con pratiche rapide, che consumava nel suo ufficio a miracolo avvenuto, influenzandoli circa o, forse, detenendo un effettivo potere di modifica dei provvedimenti che costituivano per i malcapitati l'alternativa fra beneficio o vendetta. Poi, sotto ricatto, liberati dalla galera, ma non affrancati dalla schiavitù nei suoi confronti, li ospitava in casa sua per continuare ad abusarne. La pratica utilitaristica che sfruttava la costrizione degli oggetti potenziali di una modifica esistenziale molto parziale, li affossava nell'umiliazione di una scelta che non pareva frutto di una violenza, solo perché non era fisica, ma squisitamente morale. L'evoluzione del fenomeno, diffusissimo nelle carceri, come anche il cappellano certamente sapeva, fin nei dettagli, attraverso le confessioni, si fondava sulla pervicace riconferma della sopraffazione, quale unica e ricorrente espressione del potere, anche quello che si ammanta di carità. L'ebreo Mimun,nel suo telegiornale ci ha fatto sentire uno spezzone di predica ai detenuti del loro Torquemada, nel quale lo si sentiva affermare "che siamo tutti qui per espiare il nostro peccato, quel peccato di cui tutti siamo vittime e protagonisti e che ci rende uguali come uomini". Interessante l'esegesi del testo, al quale, forse, l'ecclesiastico aderiva, in cuor suo, sinceramente. E' la sovrastruttura morale, culturale e interpretativa a rendere ambigue le parole. La seconda riguarda il trattamento che due poliziotti in borghese hanno riservato ad un ambulante motorizzato che non si era scostato prontamente alla loro intimazione di farsi da parte per farli passare. La fretta non doveva essere eccessiva se hanno avuto il tempo di rincantonarlo, tumefarlo di pugni, fino a farlo svenire, per poi sbatterlo contro il guard rail, non appena si è ripreso e prima di continuare il loro viaggio. Per fortuna, un altro automobilista ha annotato la targa dell'auto civile con la quale si travisavano e ha fatto denuncia, provocando l'identificazione dei responsabili da parte di altri poliziotti, sarebbe potuto avvenire anche a parti invertite. Il testimone, lo avrebbe fatto anche se avesse assistito alla stessa scena, interpretata da uomini in divisa, scesi da una auto ufficiale? Ovviamente, è stata addotta la delicatezza della missione in corso, che l'impudente si era permesso di rallentare e che, per questo, lo aveva visto pestato secondo gli usi e i costumi tipici della malavita. Chissà qual'è la loro sensibilità verso i manifestanti quando sono in servizio di ordine pubblico? Il terzo riguarda la sottoscrizione parziale del testo proposto dal Governo e chiamato "patto di produttività". Già dall'intestazione si evince che non si tratta di un contratto, di una norma obbligatoria per i sottoscrittori, ma di un compromesso fra due parti, l'impresa e il sindacato, a scapito dei lavoratori. Questo accordo, infatti, chiede a chi lavora, ancora più orario in cambio di ancor meno salario, perché, è elementare, se aumenta l'orario di attività in rapporto ad un'invarianza di retribuzione, il valore del lavoro viene diminuito, svilito e solo la propaganda conquistatrice può avere l'impudenza, nel silenzio delle controparti ormai associate al sistema, di affermarlo. Il motivo di questa illogicità non può che risiedere, coerentemente, nella stessa ragione, per la quale, conosciamo oggi e di colpo, un feroce sistema pensionistico, la massima flessibilità del lavoro, i più brutali tagli all'istruzione pubblica e allo stato sociale e la pretesa che tutto questo sia solo l'inizio e che i successori dell'attuale compagine "tecnica" - probabilmente di centro-sinistra - procedano sulla stessa falsariga. Ne consegue: se l'Italia deve sottostare ai drastici vincoli dei patti di stabilità europea, che non compromettono l'equilibrio dei Paesi del nord Europa, né migliorano l'empirico e classista sistema inglese, della banche, della finanza mistificatrice dell'evasione fiscale, della moneta unica artificiale, dei Governi conservatori, se il sistema delle imprese vuole incrementare i margini di profitto, nonostante la crisi, allora è chiaro che l'unica leva che rimane, l'unica reale flessibilità , è quella che riviene dal supersfruttamento del lavoro. Queste macro evoluzioni del sistema si ammantano di ufficialità fascinosa, di dottrine elaborate da chissà quali intelligenze e competenze e, invece, sono la copia, neanche bella, della propaganda familistica della mia aziendina di pianura, tradiscono la famelicità appropriativa di piccole e grandi dinastie della "roba". Tutto questo non ha nulla a che fare con la difesa dell'occupazione, ma solo con quella dei profitti. Anzi, la disoccupazione, quanto più selettivamente estesa, è indispensabile per cercare di indurre i lavoratori a piegarsi al supersfruttamento. La disoccupazione, che è la sotto occupazione di chi lavora, deve rimanere e crescere, altrimenti il modello non funziona, come testimonia da sempre l'andamento ambivalente delle borse valori. A tal fine, il Governo mette a disposizione la riduzione delle tasse, Leviatano del padrone, che, per altro, provvede con tutti i mezzi ad evaderle da sé, solo per il salario flessibile. Mentre alla maggioranza dei lavoratori viene calata la paga, una minoranza può mantenere il potere e, attraverso di esso, continuare ad arricchirsi e a rendere ancor pià coeso il collante del potere stesso. Se solo i lavoratori, anche quelli che presumono di essere i più acculturati, sapessero esercitare una critica, non difficile, ai provvedimenti univoci ed uniformi che si succedono, saprebbero individuare le modalità, in una forma o nell'altra, della loro depredazione e l'applicazione preventiva del modello da parte dei loro padroni-imprenditori. Si configura un modello di selezione sociale, con non sfumati contorni eugenetici. E' la risposta demistificata di Monti e degli interessi classisti che rappresenta, interessi che impongono una svalutazione sociale del lavoro sempre più brutale e, mano a mano che viene accettata, palese. Questo apparato sociale che presto prenderà o - spero - tenterà solo di prendere le forme della reazione revanchista più tradizionale, si appoggia su di un sistema corporativo di caste e di interessi, burocraticamente organizzati. Tutto il sistema delle imprese, comprese naturalmente le cooperative e le aziende strettamente legate al Partito democratico, ha sottoscritto subito e con mal celato entusiamo, il testo. Tra i sindacati, i firmatari sono tutti coloro che hanno già sottoscritto le stesse condizioni alla FIAT, ricevendone in cambio la facoltà di sopravvivere, protetti dal padrone, ma cambiando natura. Non è avvenuto solo alla FIAT. La CGIl, che non ha sottoscritto ancora l'accordo, ma annaspando in un mare di contraddizioni e di incertezza, non ha ancora costituito un'alternativa al cedimento differito, che non esclude, anche se, ovviamente, non lo dichiara. Tante volte vi ha ceduto e vi ha acceduto, anche nel recente passato, ingannando coloro che in buona fede avevano aderito alle sue manifestazioni. Il bivio dei contratti è lo stesso della politica. La pseudo sinistra trasformistica ha già deciso di far finta di voler "superare" Monti, mentre continua a sottoscrivere tutti gli impegni assunti dall'attuale Governo. Solo i gonzi possono illudersi che interessi in alternativa possano convivere, senza subordinarsi a quelli più forti. Per tutti gli altri, si tratta solo di impotenza, all'interno delle strutture nelle quali si sono ormai accomodati o aspirano ad accomodarsi e di ipocrisia. Sul futuro non mi spendo. I soggetti sono fisiognomicamente trasfigurati e, forse, originali. La crisi indotta e coltivata, ha prodotto delle soggettività che prima non si manifestavano. Anche se non ne conosco i connotati, che sono anch'essi in gestazione, sono con loro con tutto il cuore.

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