domenica 8 aprile 2012

Metodologie accumulatorie.

Il personale del Credem'a me è scarso, copre una gamma indefinita di mansioni e si spande per l'area territoriale assegnata al Caporale di settore, che li sceglie, li scarta, li sposta, con un clic del computer. Il personale del Credem' a me guadagna molto meno dei suoi omologhi, impiegati altrove, non fosse per altro che per le tantissime ore che dedica alla fortuna dell'azionista senza farsele remunerare, né recuperarle in alcun modo. Anche le sue assenze, per qualsiasi ragione, sono sincopate: le ferie sono brevi, spesso giornaliere od orarie, le malattie rarissime, temute dal dipendente e non dal padrone, anche quando sono il prodotto delle paure indotte da un senso di inadeguatezza alle pretese reddituali di una cricca di profittatori. Il personale esecutivo del Credem'a me supplisce ai compiti di guardiania, di archiviazione e fa il commesso-ausiliario, prestandosi pure alle piccole pulizie occasionali. Forse passerà allo sviluppo dei rapporti clientelari e, se sarà sufficientemente spregiudicato, alla gestione del portafoglio che si sarà creato, se sarà adeguato a fornire all'impresa un valore aggiunto che giustifichi questo parziale e limitato affrancamento o semplice variazione scenografica. Il personale del Credem'a me è costretto, durante tutta la sua vita lavorativa, ad adoperarsi per sgravare la ridotta e ricca clientela dei compiti ordinari e straordinari che li riguardano, sostituendosi, di fatto, nel servizio, ad un segretario: una sorta disbriga faccende decentrato, ma sempre reperibile, anche se esiste un servizio di navetta giornaliero, appaltato ad una protetta del sindacato interno a tempo parziale e, in sostituzione, ad un sotto stimato per immagine. In buona sostanza, il personale del Credem'a me, pur pagato a tariffa sindacale - con le deroghe che vedremo poi - lavora, per lo stesso salario, molto di più della media di sistema, non gode dello straccio di un inquadramento; è, cioè, un fantaccino di un padrone dominicale ed arcaico. Accennavo ad un sottostimato per immagine. L'immagine è un altro "must" del manichino Credem'a me che rivela "esteticamente" la funzione strumentale della strana banca all'industria di abbigliamento che la detiene. Corollari ne sono i manierismi e le ipocrisie, l'appiattimento complimentoso ad ogni desiderio della scarsa, "selezionata" clientela danarosa, che costituisce un vero e proprio club privé. Il Credem'a me non ha bisogno di delocalizzare i suoi servizi: "delocalizza" il suo personale e gli fa subire ogni sorta di adeguamento salariale e a-normativo alle peggiori metodiche terzomondiste. Il lavoro è monitorato a distanza e le improvvisate figure messe a controllo dei servizi devono aumentare i ritmi, aumentare il numero delle prestazioni orarie di ciascun addetto, conoscerne situazione familiare, impegni prevedibili, violarne ogni privatezza circa lo stato di salute e ogni altro elemento che possa diluire il ferreo controllo applicativo nel feudale contesto aziendale. L'utilità economica del Credem'a me è pari a zero, tranne che per la famiglia proprietaria che se ne serve per alimentare finanziariamente le sue aziende e quelle di un "cerchio magico" non trasparente di soci e clienti, con molte interpolazioni fra le due figure. L'apparenza bancaria giova agli uni e agli altri anche per evadere le tasse. L'attività, in quest'ambito, è vischiosa fra flussi di denaro e costituzione di società fittizie all'estero, nelle quali e tramite le quali, i proprietari costituiscono delle riserve personali, sottratte al fisco. L'evasione fiscale è un altro elemento che accomuna proprietari e clienti del Credem'a me, in un mascherato gioco di rimandi. Il personale resta fedele al feudo, perché consapevole che, in un regime economico e finanziario effettivamente libero, la ragione dell'esistenza del Credem'a me non sussisterebbe. Anche il sindacato interno, collaborazionista, si guarda bene dal sollevare questi temi per contestare l'abuso sistematico sui dipendenti. Il Credem'a me, in condizioni pari a quelle degli altri istituti di credito sarebbe ceduto ed emulsionato nel sistema in modo da tutelare gli interessi della famiglia proprietaria, ma cesserebbe di essere una énclave autonoma, anzi autoreferenziale. Se vi fosse (stata) all'interno del "cerchio magico" una realtà sindacale evoluta e non collaborazionista, questo tipo di proprietà sarebbe infastidita da troppi oneri, l'associata clientela non potrebbe più godere di ancillari servizi e sarebbe quindi contraddetta nelle sue intenzioni. Per questo, il pavido personale, che cerca un servile contatto con una proprietà che non li ha neanche in nota, paventa l'immissione minoritaria in un calderone più grande, le cui dinamiche, risultando ignote, li spaventano. Preferiscono cullarsi nell'illusione prospettica della giovinezza di ottenere l'ottenibile, anche in termini di immagine sociale, trascurando la taccagneria pur nota dell'azienda, che sa già, come tutte le banche, a chi saranno destinati i suoi favori(tismi). Si preferiscono, in fondo, i mediocri accomodamenti quotidiani, limitandosi al presente e accettando, oltre alle ferie ridotte, alla mancanza di inquadramento, ecc. anche le retribuzioni "pattizie" che consentono al padrone di evadere anche i contributi previdenziali. Paga oraria molto più bassa, in rapporto alle ore effettivamente retribuite e nessun contributo sul 35% lavorato in più in corso d'anno. Perché decentrare in Thailandia? Corollario minore di questa subita, ma accettata condizione, da sindrome di Stoccolma, è la ridicola, ma offensiva, sicumera che conferisce a questi figuri un potere da volgare capo officina o reparto tessile, che li stabilizza, consente loro di organizzare meglio la propria giornata e ne incrementa la maleducazione nei confronti dei coordinati,in pura via di fatto. Se poi li si manda dove devono andare, ecco il sinedriuccio aziendale che si scandalizza, in formazione coesa fa rapporto, provoca la comminazione di sospensioni, prendendo a pretesto salutari boccate d'aria per una personale esigenza d'aria pura e di decorosa rigenerazione. Coerentemente con quanto precede, queste figure grottesche sono adoperate per la delazione. L'apparenza sindacale cattolica è la più omogenea alla conservazione di un clima da bravi operai della vigna. L'azienda se ne serve per far mediare il rapporto fra le sue ( nel senso di proprietà )maestranze, anche non iscritte a quella specifica organizzazione e la gerarchia effettiva, secondo prassi accomodatorie ed utilitaristiche. Questa prassi reiterata, che è valida in termini di patronato, ha consentito di normalizzare, assorbire, omogeneizzare e far sembrar simile il costume del Credem'a me degli ultimi anni - a quello delle altre aziende creditizie, che hanno conosciuto una regressione di diritti,conseguiti con coerenti e costanti vertenze sindacali, che al Credito emiliano sono rimaste ignote come se vivesse in un altro contesto o come se non fosse una banca, se non di facciata. Ancora oggi, però, il Credem'a me resta originale nelle sue costumanze, a cominciare da quelle retributive, nella mancata corresponsione del premio di produttività-redditività, pur così sfacciatamente celebrata e neppure del rudere del premio di rendimento, immoto da tre lustri, che si sommava al VAPR ( valore aggiunto pro capite + redditività stimata )e che a noi, rilevati da altra banca, viene ancora corrisposto perché così correttamente sancito dall'accordo di trasferimento di ramo d'azienda. In Credem'a me viene definito un privilegio, espressione che tradisce l'incolpevole ignoranza di ogni categoria giuslavoristica e contrattuale oltreché legale, in tema di acquisizione di attività. La responsabilità è del sindacato unico aziendale che non ne ha mai fatto oggetto della sua attività. Del tutto anomalo - ma ormai le anomalie sono tali e tante da avvalorare l'impressione che sia una banca per finta - è l'utilizzo "domestico" dei dipendenti-famigli, consentito dalla mancanza - caso unico nel sistema di cui non facciamo parte - della contrattazione di secondo livello, cioè del Contratto integrativo aziendale. Da un lato si sono molto diluiti gli obblighi derivanti dall'associazione all'A.B.I., dall'alto si evita, con la complicità del sindacato che non si mobilita, di definire ruoli, compiti e inquadramento dei lavoratori. L'abuso è conosciuto dal personale, se non nei termini legali e regolamentari omessi, nella prassi, ma viene accettato e, per questo, difeso, come se costituisse un'identità accettabile. Il personale è, mediamente, molto giovane e, come già accennato, è abbacinato da miraggi prospettici, illusori e troppo faticosi in rapporto a quanto verrà effettivamente corrisposto, ai quali un ragazzo è irresistibilmente votato, senza che si soffermi a considerare quali strumenti economici o clientelari siano o non siano in suo possesso, in un mondo, in questo senso uniforme, nel quale l'unico obiettivo è l'utile. Ma l'utile non si alimenta dal niente, anche se può alimentarsi da sé. Ciò che non rientra in questa forbice, è strumento, che, per di più, se vuole conservarsi, deve essere efficace. I meno giovani si sono inavvertitamente assuefatti e continuano ad arrancare, secondo una interiorizzata cadenza da indossatori della Max Mara Senza confessarselo, sculettano. Brevi note esemplificative. Alcuni temi sono già stati esposti. Li sintetizzo. I ritmi di esecuzione del lavoro sono funzionali a far conseguire il risultato minimo e massimo, secondo una forbice prequantificata. I record vengono monitorati a distanza e gli imput per incrementarli vengono sollecitati ai e dai "punteros" di reparto, senza consentire pause fisiologiche, né normali conversazioni con i clienti o documentazione personale, anche informativa e generale, come avviene in qualunque altro ambito bancario. Addirittura, si presume di dettare l'agenda degli argomenti affrontabili e non con la clientela, spersonalizzandola contestualmente a coloro che operano al di qua del banco. Lo scopo principale è di assorbire nei limiti dell'orario normale, per chi non si presta allo straordinario non pagato, né recuperato, gli adempimenti che, altrimenti, potrebbero trascinarsi fuori orario, assicurando anche il lavoro di guardiania per far accedere ai piani superiori i clienti con appuntamento, I commerciali e i finanziari non hanno praticamente orari e sono del tutto subordinati alle preferenze dei clienti. L'incastro dei compiti quotidiani avviene meccanicamente e le esecuzioni sono istantanee. Il lavoro di archiviazione viene preteso dagli esecutivi, per non intralciare quella che dovrebbe essere l'incessante attività commerciale e che, invece, è, nei fatti, puro servilismo di una categoria economicamente inerte, o quasi,( che produce, cioè, poco valore aggiunto ) nei confronti di una coorte di lacché e di viziati raccomandati. Una sorta di classismo premoderno, dominicale. Questa improprietà viene svolta spesso dopo l'orario normale, senza segnalazione di straordinario, che, non essendo inerente alle proprie mansioni e non potendo essere autorizzato - sempre che ci trovassimo in una banca vera - è un non sense evidente. Anche la maternità, naturale, tardiva o strumentale che sia , casomai per sedimentare un rapporto, va gestita "compatibilmente con le esigenze di servizio", così come descritte. Ci si trascina, anche in visita a grossolani - evidentemente - clienti, quasi fino al parto. Con l'ausilio del sindacalista di fiducia, si ottiene il rinvio del rientro di un mese, rispetto alle previsioni di legge e contrattuali, durante il quale completare l'allattamento, per non doversi assentare per due ore al giorno, per poter frettolosamente svezzare, probabilmente ipernutrendolo, il pupo, prima di riprendere il tempo pieno, che è fatto di convocazioni la sera, ma anche all'ora di pranzo. Altrimenti, se le cure familiari non lo permettono, si viene demansionate. L'uniformitò apparente del contegno, l'inibizione alla protesta, spacciata per creanza d'immagine, il meccanismo immodificabile, ribadito e sempre più velocizzato attraverso costanti e ravvicinate riunioni di indottrinamento ( mai che si usi lo stesso metro per le assemblee sindacali ), sempre dopo l'orario, rappresentano, in un sistematico processo di falsificazione, un ambiente prevedibile e, con una sinistra analogia con i regimi autoritari o, come nel nostro caso, almeno "intra moenia" totalitari, idealizzati, talvolta ipocritamente, ma non sempre. Una buona spalmata di ignoranza completa, infatti, la ricetta. Si tratta di un metodo da illusionsiti a beneficio di una ristrettissima consorteria, con una fortissima e sperimentata valenza psicologica, che coarta. comprime, condiziona, mostrando il volto stereotipato dell'accoglienza e dell'inclusione, che non è benevolenza né professionalità indotta, ma conferma identitaria e uniforme di una vocazione a servire.

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