lunedì 9 aprile 2012

Direttore di una clinica della fertilità usa il suo seme per le fecondazioni e diventa papà di oltre seicento bimbi..che poi diventeranno persone.

Non è una notizia del tutto originale. Già pochi anni or sono si venne a sapere di un'analoga performance di un ginecologo napoletano. Quest'ultimo gestiva un ambulatorio e il numero dei suoi figli donati, si attestò poco oltre le cento unità. Bertold Weisner, austriaco praticante a Londra, aveva fondato con la moglie la Barton clinic, dal 1940al 1972. A lui si rivolgevano coppie infertili, desiderose di discendenza e lui, con scientifica inclinazione, selezionava i suoi migliori gameti, con i quali fecondava le sue aspiranti famiglie, talune delle quali, certamente, non volevano lasciare all'incanto cospicue eredità, mentre tal'altre volevano assicurarsi una compagnia e un appoggio per la vecchiaia. Con genetica indifferenza, il medico assicurava il suo onanistico contributo, al Figlio dell'Uomo. Così operando, risparmiava sui collaboratori, manteneva coeso l'ambito applicativo, assicurava una discendenza sperimentata, almeno al 50%. IL lucro avrà sicuramente giocato un ruolo, pari però solo alla metà del corredo genetico e pecuniario. La restante metà era invece da ricercarsi in quell'indefinito "divino" che, dalla creazione in poi, è stato delegato agli uomini, prodotti da quel primigenio impasto di terra, a immagine e somiglianza di Dio. Così, più o meno consapevolmente, deve aver pensato l'illustre medico, interessato subliminalmente da simbologie e mitologie nibelungiche - mentre quello napoletano era sicuramente influenzato dal gioco della Smorfia - fiero di diffondere alluvionalmente i suoi geni ed incurante della sorte dispari, riservata a questo, anziché a quello. La donna, in questo religioso connubio, sembra riservarsi - dopo essere stata ideologicamente accantonata e relegata ad un ruolo precipuo, ma limitato, nella generazione dei popoli - una rivincita particolaristica, economica e tale da rivoltare la strumentalità di cui la si vorrebbe fare oggetto, sul prodigo donatore, ancorché direttore della clinica alla quale anche lei collaborava. La signora Mary Barton, infatti, ben sapeva delle masturbazioni coniugali, alle quali forse partecipava come manus operandi, in senso reale od allegorico, dato che aveva distrutto tutte le prove delle donazioni, innumerevoli, del marito. I coniugi Barton sono morti prima di venire scoperti, a seguito delle indagini di un avvocato, figlio del "genetista", che constatando straordinarie rassomiglianze in un ambito ristretto, nel quale incautamente il genitore si era prodigato, attraverso la comparazione dei DNA, ha dato la stura alla ricostruzione della Stirpe. Così è l'uomo, figlio del caso, nelle sue peripezie inconsce, nelle quali risiedono, si confondono, si creano, le mitologie della discendenza divina, dell'aristocrazia del censo o dell'anima, le cause dell'infelicità o le radici del successo. La stessa che ha ispirato i padri putativi del privato alchimista. Ne dubito per le madri, per forza di cose, più concrete e, simulatamente, prosaiche.

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