venerdì 31 agosto 2012

In fine d'estate.

E' morto, presso la Casa dei Gesuiti, il Cardinale emerito di Milano Carlo Maria Martini. Lo apprendo al ritorno da ferie finalmente godute, così come il caso ce le propone, proprio mentre mi sono ritrovato sul tavolo una schifosa e burocratica lettera, proveniente da quella setta di brutte persone di una squallida e pelosa provincia. Il Cardinale Martini apparteneva alla Santa Madre Chiesa, della quale io, consapevolmente, non faccio più parte da quarant'anni e nella quale non aspiro a rientrare neppure in articulo mortis. La figura del porporato mi è stata e mi rimane estranea eppur familiare, perchè sempre presente sui quotidiani da almeno venti anni. La sua figura ascetica e severa mi ha sempre respinto e non mi avvicina a Lui, ora che è morto, rifiutando, ci riferiscono, le metodiche artificiali che prolungano per un po' la vita. E allora perchè sono spinto a parlarne? Perché, della sua figura umana, mi attraeva la componente spirituale e culturale, l'una alimentata dall'altra, come per ogni uomo di sensibilità e di pensiero, quali che siano. Mi affratellava a Lui la costante violenza che la sua qualità gli infliggeva, a Lui che solo agli studi profondissimi ed alla meditazione in Terra santa si sentiva richiamato, ogni volta che lo coinvolgevano in impegni gravosi e non cercati, in base ad una doverosità che, provenendo dal potere, gli cadeva adosso come un macigno, una espiazione. Gli fu imposto di occuparsi della Diocesi di Milano, la più popolosa d'Europa del mondo cattolico, che amministra e organizza solo il 18% della popolazione mondiale, ma che, con essa e in suo nome, esercita ingente influenza e conferma ricchezza e potere nel mondo occidentale al quale è legata la sua storia e, sulla punta delle spade, la sua espansione. Ego sum! gli intimò il Santo subito, al suo rifiuto della porpora cardinalizia e di Milano, contro voglia, seppe esprimere le potenzialità intellettuali migliori, in una realtà segnata da squallidi ragiunat, da poveri e meno poveri immigrati e dalla nebbia meteorologica e della finanza bancaria. Proveniente dall'Ordine più politico della Chiesa e per questo messo a tirar le fila di una realtà fondamentale, economicamente parlando, della bottega cattolica, seppe far prevalere le ragioni del dialogo, del confronto e della riflessione e seppe estenderle a quel popolo devoto che a volte si intravede farsi il segno della croce, nelle calliginose mattine, nei pressi della Madunina, prima di affrontare la pena quotidiana. Alla fine del suo mandato, quando gli organigrammi delle cariche ecclesiastiche richiesero degli aggiornamenti, se ne tornò a Gerusalemme, ridivenne gerolosimitano, come gli Ebrei chiamano i residenti nella città della Religione Una e Trina ( Ebraismo, Cristianesimo e Islam, la stessa origine, la stessa cosa, per questo occasione di continui conflitti ) e lì rimase, fino all'aggravarsi della malattia che lo ha spento. Viveva quindi la sua vita dell'anima come una constatazione indefettibile dell'impossibilità di vivere nel mondo e del mondo, senza volgarizzare e inquinare la superiore spiritualità dell'uomo, confondendo o semplicemente accettando che la sua sensibilità non era di e per questo mondo. Per questo, credo, non ha chiesto di abbarbicarsi alla vita biologica e, anche ora che - penso - non è più in nessuna forma, ha confermato la fede e, insieme, l'invocazione disperata di Gesu' sul Golgota. Torno miseramente ad immergermi nella falsità e nello squallore.

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