mercoledì 8 agosto 2012

Ogni epoca dà i suoi frutti.

Mentre tornavo a casa in autobus, ho visto una signora anziana, ma non decrepita, di quelle vedove che i figli lasciano a casa, prendersi una multa di 61 euro, da conciliare entro cinque giorni perchè non diventino 81, per aver omesso di timbrare il biglietto, dopo tre fermate. I verificatori, un uomo e una donna piuttosto anonimi, erano saliti a una fermata. Si erano seduti a chiacchierare fra di loro disinvoltamente e, quando avevano esaurito l'argomento, si erano alzati e avevano intimato, sotto tono ma con arroganza, di mostrare i titoli di viaggio. La buona donna, su un mezzo quasi vuoto, avrà ritenuto di potersi rilassare, ma così non era: i due sfigati accertatori erano in agguato. Dopo averle fatto firmare il verbale, eccoli scendere a una fermata qualsiasi e sostare sotto il cartello, in attesa di qualche altro accaldato improvvido. Solo la donna, prima di scendere ha rivolto qualche parola alla signora e uno sguardo incerto agli scarsi astanti, ben sapendo di avere commesso una cattiva azione. Di questi tempi, gli sfigati prolificano come i funghi dopo una pioggia. Sono una categoria infelice che si arrabatta all'ombra di una burocrazia comportamentale a mezza via fra l'insipienza e la necessità ammantata di arroganza. Ho ricevuto a domicilio due contravvenzioni: mi sono sembrate identiche, ma, avendo distrutto la prima, ho pagato anche la seconda. Si trattava, in entrambi i casi, dello stesso divieto di sosta, all'altezza dello stesso civico della stessa via. E' possibile che io sia solito parcheggiare in quella via sempre alla stessa altezza, anche se, in coscienza, non ne ricordo il motivo. Ne deduco che, in quella strada stazionino o transitino i vigli urbani perchè sanno che è ricca di pescato, anzi, una sorta di moltiplicatore delle multe e dei pesci, con i quali rimpinguare le esangui casse comunali. In azienda, dopo avermi comminato una sospensione di tre giorni per una inventata mancanza, neppur esplicitata nella lettera di contestazione e che avrebbe dovuto e potuto dar luogo ad assenza più prolungata, mi sono visto privare di un traslato contrattuale, accettato dall'acquirente all'atto del passaggio del ramo d'azienda di cui facevo parte, che si è tradotto in una sottrazione di circa 980 euro, con una sequela di osservazioni che tradivano una sistematica annotazione di presunte, singole mancanze, il nucleo delle quali si sostanziava nella mia indisponibilità a prestare lavoro non retribuito, né recuperabile. Il tutto, in una catalessi della coscienza, in un rifugiarsi nell' autonomia delle opinioni e delle "libere sensibilità" - che per me è un principio insuperabile, ma che vorrei vedermi riconosciuto - che non ha spinto nessuno a dichiararmene la conoscenza, né ad esprimermi un sintomo di interesse, ben sapendo a che cosa si ispirano le metodiche interpretative del padrone, che loro, con assurda uniformità, accettano "perché in fabbrica è peggio", perché " qui si lavora su piazza, mentre nelle altre aziende i trasferimenti dei Quadri direttivi sono molto distanti", perché da noi si conosce il padrone e non si corre il rischio di operazioni societarie". L'unica solidarietà mi venne, a suo tempo, da due bariste, oggi non più in servizio, che avevano sentito i normalizzati colleghi commentare gli avvenimenti, quando, alla fine di un economico pasto alla CAMST, si portavano al mio stesso bar per il caffé collettivo. Oggi, un provinciale di mezza età, dopo aver vagato, senza dare il minino cenno di necessità fra le due posizioni di front-office, nel ritornare sui suoi passi e avendo orecchiato la mia conversazione, post officium con un cliente-promotore finanziario, non trovava di meglio che prodursi in un " io non ho tempo da perdere, mentre tu facevi delle chiacchiere". Ribadito con calma che io con le persone parlo e parlerò e che a sua disposizione c'era un'analoga posizione di lavoro, venivo poi investito dalla curiosità, reiterata, di un altro collega, che non aveva pace fino a che non raccoglieva la mia versione dei fatti, suscitandomi anche i commenti che avevo omesso, per sorpresa, per tanta maleducazione, di primo acchito, ma che prometto, se una situazione simile, alla quale non ho mai sottoposto nessuno ed alla quale non sono avvezzo, dovesse ripetersi, espliciterò senza inibizioni e con il tono di voce spontaneo. L'educazione, chi non sa neppure che cosa sia, ormai non può più darsela, ma la burineria non può esimerlo da repliche appropriate e da ripetersi, senza variazioni, dovunque fosse necessario. Purtroppo, questa inutile ignoranza sta prendendo sempre più piede, sta cioè emergendo impunita e incontrastata in ogni ambito della vita lavorativa e ex civile. "Tutti gli ambienti di merda producono una varietà esponenziale di stronzi". Letteratura muraria. Anonimo.

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