martedì 7 agosto 2012

Fraintendimenti.

Entro quest'anno molte attività impenditoriali e commerciali chiuderanno bottega. La possibilità di rifinanziarle o di fonderle e di indurle a federarsi, sono impedite dalla chiusura egositica e familistica della banche più piccole e dal dissesto finanziario, ancora in gran parte occultato, delle più grosse. La Spagna non è sola in questo baillamme, nel quale si sono confuse, mischiandole, tante responsabilità, molte delle quali attinenti al potere politico e governativo. La banche, grandi e piccole, hanno già predisposto dei piani di rientro per le imprese periclitanti e ripristinato, di fatto, il tanto vituperato "cartello" interbancario che, almeno, le sosteneva ed impediva una dissennata concorrenza patrimoniale, che inibisce completamente il sostegno al mondo della produzione, nel senso della negazione del credito, tranne che alla vasta gamma di consumi voluttuari ed inutili, purché compresi in un range di compatibilità. Per questa via si favorisce il processo di banalizzazione della società ed i consumi di apparenza. Soprattutto, però, da questa condotta della banche traspare una totale sfiducia nelle possibilità di ripresa dell'imprenditoria nazionale e, in ultima anlisi, del cosiddetto sistema-Paese. Le banche, però, si lagnano e paventano che la rigidità tedesca, che rischia di mettere a repentaglio l'euro - dei Paesi più scassati - potrebbe indurre anche a loro sofferenze finanziarie di non calcolabile entità. Si domandino, però, se è logico che gli Stati più attrezzati, sulla base delle stesse analisi che le banche elaborano per sé, possano nutrire fiducia in nazioni verso le quali anche le istituzioni finanziarie indigene mostrano di non nutrire nessuna considerazione. Basta non distrarsi con le chiacchiere per capire le cose.

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