sabato 1 maggio 2010

Milone

Caro Milone,
lunedì prossimo, in occasione del 150° dell'Unità d'Italia, sarò in via Giuseppe Mazzini, presso il nostro risorgimentale sportello.
Mi reco sul posto con un po' d'anticipo per applicarmi ai nuovi compiti che la nostra patria mi richiede. Lo farò con passione e responsabilità, pur riservandomi di verificare la bontà della tardiva pretesa.
Centocinquant'anni, per una nazione ed anche per uno Stato sono decisamente pochi e sul sangue - copioso -sulla dittatura, sul post-corporativismo non si costruiscono le identità dei popoli, che si nutrono di ben altra - e quanto ricca! - sostanza.
Dopo i generali borbonici, usi ad osservare l'esito delle loro strategie in carrozza e, provvisti di cannocchiale, dall'alto di una collina e i dialettali ed inesperti acronimi, che suppliscono all'inesperienza con la prestanza fisica, applicata, in itinere, sul territorio, mi sono fatto prudente sulle intenzioni del mio prossimo.
Soprattutto quando mostra difficoltà a redigere due righe, come chiosava già ai miei esordi in banca un direttore di sala: "mi dispiace, ma da piccolo non mi hanno imparato a scrivere".
Chissà se l'Italia resterà unita, almeno formalmente? Noi, Credem'a me, siamo in una botte di ferro!
Già artefici del tri-colore, massonicamente coagulante, abbiamo nel brand i possibili colori del futuro e, volendo, saremmo in grado di agire anche nell'Italia tripartita.
Per parte mia, mi sposto in una zona di operazioni più sfavorita. ( Espressione tratta dal saluto di Indro Montanelli ai suoi lettori, quando lasciò il Corriere della Sera e trascurò per un periodo la sua Storia d'Italia, per fondare il Giornale nuovo ).
A presto.
Pier Paolo

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