martedì 30 agosto 2011

Milone

Così, caro Milone, il Premier ed il suo ospite leghista hanno ridisegnato la manovra finanziaria che, tramite Tremonti, ci aveva dettato l'Unione europea e che, secondo me, era equilibrata, tranne che per le furbate sul diritto del lavoro, che con la manovra finanziaria c'entrano come i cavoli a merenda.
I due grandi lombardi, in casa di quello in grado di fornire la migliore ospitalità, come è uso consolidato fra i Massoni, che vivono in Comunità e si tengono d'occhio reciprocamente anche nei fine settimana, hanno stravolto un testo coeso, utile al risultato.
Si sono scatenate le micro-lobby, substrato della compagine al Governo.
Un amico, agli albori del movimento berlusconiano, si candidò con il Cavaliere al Senato: "R.N....metti in moto la nuova Italia", recitava il suo slogan. Non fu eletto, né ci contava, ma, con i rimborsi elettorali ( tot. per voto conseguito, indipendentemente dal risultato ), ristrutturò parzialmente un rustico che aveva comprato sull'Appennino.
Mi invitò ad una convention preso l'allora Junior club di Rastignano - oggi una multisala cinematografica -.
All'arrivo, serotino, la polizia di Stato, in tenuta antisommossa leggera, tendente all'elegante, guardava rapita i convenuti. Ricordo, in particolare, un bruto raggiante, che mi rivolse un sorriso raggelante, del genere: "finalmente potremo ricominciare a menar le mani". Genova docet.
All'interno dell'anfiteatro, Vittorio Feltri a tutela di un Paolo Berlusconi che si dimostrò igna(v)ro e del tutto inidoneo ad una conversazione che avesse una parvenza di serietà: decisamente è Silvio l'intellettuale di famiglia. Ogni volta che Paolo veniva interpellato, Feltri gli strappava il microfono: i primi singulti del malcapitato ne rivelavano la pochezza.
A un certo punto si levò un magistrato meridionale in pensione che lo fece sbiancare, prima di ricoprirlo di retorici complimenti.
Nella saletta adiacente al bar, un gruppo di convitati commentavano fra di loro: "questi dobbiamo votarli, se non, gli altri ci coprono di tasse!"
Sarà dunque la solita arlecchinata della nostra commedia dell'arte, congrua, anche se diversa circa le componenti sociali che ci riserver(à)ebbe il puzzle all'opposizione. Di univoco, c'è, purtroppo, il costume nazionale.
La nostra etica cattolica ci induce alla rassegnazione, non disgiunta dalla servile richiesta di qualche beneficio, a testimonianza della nostra fedeltà. I poveri ( i pensionati ) dovranno rassegnarsi ad esserlo un po' di più, con le buone o con le cattive. L'Europa lo vuole! Lo vuole sempre qualcun'altro.
Per quanto attiene al Lavoro, dobbiamo apprezzare la versatilità dei Socialisti: lo era Gino Giugni, artefice delle Tavole dei diritti legali di chi lavora; lo è Maurizio sacconi, pronubo dello Statuto del Lavori, che gioca sui termini, evoca il libero mercato, ma, in quanto statuizione dei mestieri, a me sa tanto di neo-corporativismo.
Noi Italiani siamo anarchici, sotto protezione materna.
Mi sa tanto che siamo viziati.

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