sabato 2 maggio 2009

Cronisti caduti.

Di Anna Politkovskaja, uccisa nell'androne di un anonimo condominio moscovita nell'Ottobre del 2006, rimangono le note dell'attività giornalistica svolta negli anni putiniani e della guerra cecena, di un periodo cioè segnato dal favore internazionale verso la Russia democratica, nella speranza che si indirizzasse verso i modelli occidentali e ne accettasse la leadership. Putin, invece, cercherà di invertire il rovinoso declino della Grande Madre Russia, seguito al disfacimento dell'URSS, che Gorbaciov aveva cercato invano di incanalare nell'alveo di un comunismo compatibile, prima di venire spodestato dai vecchi-nuovi gerarchi, emersi trasformati dal ventre del regime. Eltsin, già dirigente del PCUS aveva rincorso goffamente i costumi e le mitologie occidentali, precipitando il suo sconfinato paese e le sue molte etnie, in una decadenza morale e materiale gravissima e in un collasso istituzionale che aveva coinvolto anche la ex gloriosa Armata rossa. Milioni di donne, sole e con figli, avevano lasciato le loro regioni per prostituirsi in ogni parte del mondo economicamente florida. Lo sfacelo dell'esercito e la vendita di componenti importanti del suo armamento, l'accumulazione prostitutiva di capitali, avevano attivato ogni sorta di sinergia, già presente nell'URSS, fra gli apparati dello Stato e le organizzazioni criminali e mafiose, le cui organizzazioni interne erano speculari e che rapidamente coinvolse anche la Magistratura. Se, inizialmente, prevalsero il caos ed i regolamenti di conti, con Putin prese corpo l'omogeneizzazione degli apparati e, sotto l'egida dell'intelligence e dei suoi uomini, portati al vertice del potere, la cogestione dell'ordine interno. Il rilancio economico fu deciso attraverso la rivalutazione del ruolo e degli investimenti militari, le aziende privatizzate furono assegnate e non liberamente contese ad apparatciky del vecchio PCUS e tutti coloro che non vollero sostenere il presidente ed i suoi uomini, furono emarginati, spossessati e reclusi. Si tornò dunque ad un sistema misto, nel quale lo Stato era il nuovo feudatario che assegnava o revocava i beni e i benefici ai meritevoli o ai riottosi.
La Politkovskaja, strano prototipo di russa nata a New York, si applica ad analizzare, con tono scabro, scarno, ma documentato, tutti i passaggi storici che vedono protagonista il primo Putin e, su base oggettiva e legalitaria, ne mette in evidenza le mistificazioni, l'indifferenza e gli abusi, senza mancare di stigmatizzare l'apatia dei suoi connazionali, che, soli, quando sono colpiti dal dolore e dai lutti, inutilmente si agitano. Ha condotto questo lavoro con sistematicità, fino a che un sicario, inquadrato di spalle e di sfuggita dalla telecamera del palazzo, mentre si allontanava dopo il delitto, le ha chiuso la bocca per sempre, senza che, come al solito, nel mondo e nell'apatica società russa, si alzassero che vaghe e pigre lagnanze. Per quanto sia quasi certo che sugli scopi e sui mandanti del suo omicidio non si saprà mai nulla di documentato, neanche a futura memoria, si resta colpiti dalla incisività e precisione delle sue denunce del potere putiniano e dal disegno che ne traccia, di una consorteria mafiosa, mutuataria di molti schemi mentali ed operativi della precedente dittatura. Mentre, prima, gli oppositori venivano fatti passare per pazzi, ora, pur nella limitata e contrastata pseudo-apertura al dibattito, quando qualcuno non vuol proprio capire, viene ucciso. Infatti, anche recentemente, altri giornalisti di nicchia sono stati uccisi perché denunciavano gli apparati criminali-istituzionali di regioni o municipi. La Politkovskaja aveva preso di petto il potere centrale, il presidente in persona e aveva messo l'apice della piramide russa nella condizione di doversi "compromettere", sia pur per mano di un sicario, in prima persona.
Il grigiore post sovietico si è però subito posato sul suo cadavere e le potenze occidentali, Stati Uniti in primis, hanno trascurato, durante il mandato guerrafondaio e petrolifero di Bush, di attaccare il neo potere russo sul piano della legalità e della democrazia, cosicché alla coraggiosa giornalista non resta altro che una possibile rivalutazione postuma, secondo il peggior stile sovietico e ideologico-dittatoriale. Che sia a cura di una Russia autenticamente democratica, di un Occidente riconciliato con i suoi migliori principi o di un neo apparato trasformista, non è dato sapere.
Quanto colpisce e turba è, invece, la similitudine che sembra di cogliere fra la Russia della Politkovskaja e l'Italia a partecipazione statale della Prima Repubblica e di quella falsamente riformata, anzi mascherata, attuale, con i vecchi apparati al potere e diffusi su tutto il ventaglio delle opzioni istituzionali, al governo e all'apposizione, così come nei sindacati. Stragi e strategie con il concorso di capi della polizia camaleontici e di apparati mai così poco "deviati" che quando mettevano in atto attentati contro i cittadini in sinergica collaborazione- competizione, con gruppi armati, sempre presenti, ma, per l'innanzi, sottotraccia. Un'Italia, ieri come oggi in mano a forze non manifeste, inquinanti al centro nord, assolutamente dominanti al sud ed oggi in espansione nell'Europa occidentale e non. Da questa collaborazione fra forze oscure della finanza, della politica e del crimine, si sta configurando, forse, per casomai assumere cangianti e non identificabili configurazioni, quella che qualcuno ha battezzato Eurussia? Escluderà i Paesi della povertà o riuscirà a coinvolgerli in un processo di crescita economica controllata e gerarchica, attraverso la diplomazia ufficiale e l'attività delle cosche?

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