sabato 21 gennaio 2012

Pupi e Milone.

Ieri, caro Milone, la figlia di Pupi Avati, ha impresso, per dieci ore, metri e metri di pellicola, all'interno dello storico ristorante Diana, qui accanto.
Non è stato necessario cambiare l'arredamento interno, ma solo la cartellonistica.
Se avesse voluto cogliere altri aspetti d'epoca, avrebbe dovuto fare un salto anche da noi, per simulare cinematograficamente il versamento della vincita ai cavalli che De Sica ha festeggiato, offrendo a tutti gli astanti tagliatelle ai porcini.
Da noi, infatti, si può apprezzare un capitalismo d'antan, immutato dalle sue origini accumulatorie. Rasentiamo un mix di sano provincialismo domestico e finanziaro, anche se non trascuriamo, là dove l'accumulazione si realizza e si incrementa, di fare incursioni nei meandri globali della ricchezza.
Lo stesso fanno i nostri soci-clienti che da noi si fanno sbrigare le faccende spicciole e quotidiane , altrove coltivano le alienate, ma indispensabili, relazioni allargate e pericolose. I nostri forzieri sono la loro e la nostra riserva di valori, economici ed etici.
Presso di noi, la divisione in classi è riprodotta nei termini immutati, nei quali si attuò, dopo che il servo della gleba fu reso "libero" di farsi sfruttare negli opifici dalla rivoluzione borghese, attraverso l'investimento delle espropriazioni feudali, civili ed ecclesiastiche, dopo che fu espropriato, a sua volta, del lotto di terra che gli serviva per sostentare la sua famiglia, se le borse fiamminghe, ad esempio, facevano lievitare le quotazioni della lana e comportavano la trasformazione totale dei campi in pascoli.
Si pose allora, subito, per questi "nuovi" cittadini-capitalisti, l'esigenza di lucrare il massimo del reddito dalla trasformazione delle materie prime, al netto del loro costo, accanendosi sul e vessando il lavoro, consapevoli che una pressione unanime e indiscriminata degli interessati sui poveracci, avrebbe generato acquiescenza.
La forza lavoro disponibile, perché resa disoccupata per le vicissitudini storico-politiche sopra descritte, era una fonte inesauribile di nuove braccia e rendeva possibile un mercato ribassista delle retribuzioni a cui si accompagnava un incremento dei ritmi che, oltre a sfiancare i "liberi" schiavi, ne assorbiva, annullandola, ogni possibile facoltà mentale e morale, necessaria a elaborare un pensiero rivendicativo.
Torniamo a noi.
Il Credem'a me seleziona i suoi lavoranti prendendoli dall'Agorà moderna. Dalle scuole e dalle Università, dunque, dopo averli sottoposti ad un accurato esame psico-attitudinale.
Evita, a questo livello e in questa fase, l'approccio clientelare, che crea presunzioni e aspettative e, soprattutto, rende indocili i forzati del ritmo e della fatica fine a se stessa.
Se il neo assunto crede di avere fatto un salto di categoria sociale, sarà molto più disposto a farsi manipolare, fino a quando, in un ambiente omogeneo e conformista, avrà accantonato ogni velleità di emancipazione.
In questo, i sindacati, quali che siano, sono assolutamente correi. A loro spetta, infatti, di far crescere i lavoratori, in quanto tali.
Appena assunto e impinguinato, l'uomo, comprensivo dei due generi, Credem'a me, assume come normali e dovuti, comportamenti a suo esclusivo detrimento: si esce solo se si è finito, si presta la propria reperibilità, pretesa con pretesti vari o semplice prepotenza, non si fanno più di due settimane consecutive di ferie - a fini, ancora una volta minimo-assicurativi - si copre un'area di sostituzioni pari a dei macro-territori con mezzi di trasporto propri, si assumono potestà di firma senza inquadramento, non si rispettano i termini di legge sulla gravidanza e sul puerperio, al termine dei quali, se non si è dotate di supporti familiari, si viene retrocesse di funzioni e di mansioni.
La vaccinazione antinfluenzale è generosamente offerta e la dedizione al cliente-padrone appartiene ad altre epoche e ad altri modelli economici.
L'investimento immobiliare, a consolidamento più che a garanzia, è praticato con sistematicità. Si risparmia su tutte le spese di gestione, a cominciare dalle pulizie, si pratica un maniacale e rituale officio all'immagine.
L'organizzazione si sviluppa, ma soprattutto si conferma, attraverso digitazioni in office, sul computer e mail agli interessati. Il cosiddetto "Vangelo".
Quando il neo assunto lascia la cassa - con qualche eccezione, nel senso che non la fa - è pronto per l'attività di sviluppo esterno, a prestare, cioè, le sue risorse fisiche per ogni campagna opportunistica. Ha ormai interiorizzato il moto perpetuo del servaggio domestico. A prescindere dalla possibilità di diventare il "badante" del portafoglio che sarà stato in grado di assicurarsi, attraverso soggezione modello tappeto, abilità marginale manipolatoria e buoni servigi, continuerà così per tutta la sua vita lavorativa, a disposizione dell'azienda e dei clienti "consorziati", fino a quando non sarà avvicinato per una "individuale" ( il fondo di solidarietà interbancario, infatti prevede un costo )anticipazione del pensionamento. Ante Monti, almeno.
L'ideologia Credem'a me prevede la subordinazione assoluta alle aspirazioni reddittuali...di chi? Di tutta la filiera gerarchico-funzionale, i cui premi sono subordinati strettamente all'incremento di valore spremuto a ciascun addetto attraverso uno studiato calcolo delle rese, ma anche delle transazioni, parametrate alle commissioni percepite.
Il malcapitato è chiamato solo ad obbedire, altrimenti è vessato in forme feudali, che ignorano non solo gli inesistenti inquadramenti, ma anche le anzianità di servizio, le competenze acquisite ( in Credem'a me è impossibile, ma il mondo non si restringe a lui, stante la irregimentata scansione dei compiti ), le caratteristiche personali ( che sono dittatorialmente negate ). Si può incorrere, all'uopo, in strumentali "sospensioni", accompagnate dalla minaccia di "scontarle" nei giorni festivi, "dato che la retribuzione è calcolata in trentesimi". Salvo, contestualmente, "aprirsi" alla scelta individuale dell'inquisito, come se si potesse trasformare una punizione in una festa.
Quanto ai "normalizzati", pieni di Passione e di Responsabilità e domani di altri insulsi slogans, che vengono recitati su di un palcoscenico, come se ci credessero, da bolsi e in alcuni casi ormai attempati interpreti del copione aziendale, in una inquietante parodia dei regimi politici totalitari, ( la realtà aziendale del Credem'a me ) saranno incentivati attraverso compensi che escludono la contribuzione previdenziale, ricavati dal quasi mai corrisposto premio di produttività-redditività ( o, se corrisposto, in misura risibile ed offensiva, solo nella misura compatibile con l'opaco "sistema premiante" e le altissime prebende del vertice della Piramide ).
Al Credem'a me non si è mai fatta un'ora di sciopero, ad eccezione degli acquisiti che avevano conosciuto, nell'articolazione della loro precedente esperienza aziendale una dialettica conseguente. Non una diversità di fini.
Nella tenebra pre-moderna del costume di cui sopra, non potrebbe essere altrimenti. Anche le assemblee, rimodellate a guisa di ristrette riunioni di lavoro, fuori dalla vista del pubblico, in un ambito troppo piccolo - di solito intorno ad un tavolo da riunioni - per contenere tutti gli aventi diritto, limitandone sostanzialmente l'affluenza, anche per la loro inutilità sostanziale, in un silenzio da clinica per alienati, a parte battute e lepidezze per vincere la noia, è figlia non dell'arroganza aziendale, bensì della mancata chiara e ferma presa di posizione delle organizzazioni sindacali, che dovrebbero chiamare a raccolta tutti gli aventi facoltà, determinare la chiusura degli sportelli, per via democratica, pretendere che non vengano reclutati altri facoltizzati all'informativa, per le sostituzioni presso gli sportelli quando si tengono le riunioni.
Anche in questo, il cappellano è un cattivo "pastore".
Ma c'è un altro elemento, storico, che differenzia il Credem'a me da tutte le altre banche, grandi, medie e piccole. Presso di noi, il costume normale, la dialettica civile fra impresa e lavoro non c'è mai stata ed è stata anzi impedita ( veniva osteggiata anche altrove ) con metodi sotterranei e sotterranee complicità. Presso di noi, la normale e doverosa discussione su quanto avviene nella vita lavorativa, nella politica dell'azienda, la rivendicazione di trasparenti inquadramenti, gli stessi istituti contrattuali, sono ignoti, perché mai portai alla conoscenza degli interessati. In qualsiasi banca, quando si viene assunti, la direzione consegna, insieme ad altri documenti, una copia del contratto di lavoro, edizione ABI.
Da noi non esistono figure ausiliarie, le cui incombenze vengono affidate, nei ritagli di tempo che l'empirica struttura organizzativa domestica provvede a creare, che so, mentre altri si addestrano, al personale esecutivo, che ricopre mansioni di front e back-office, oltre a provvedere alla portineria, con annesse responsabilità di identificazione di chi accede, anche oltre l'orario, per consentire l'incontro, su appuntamento, ai piani superiori o nei salottini. Magazzinieri itineranti, talvolta addetti alle pulizie.
Non è vero che il Credem'a me non conosca il clientelismo. Lo pratica, in maniera cortigianesca e servile verso i clienti danarosi, gli evasori fiscali, di cui fa parte ( degli evasori contributivi, fra i clienti, non ho notizie ).
Fino a qui, saremmo nell'alveo del costume bancario standard, ma, Credem'a me, anche nei termini dei trattamenti preferenziali nei confronti del personale, non fa eccezione, anche se limita il fenomeno per le ragioni sopra descritte e impone un costume relazionale atto a mascherarlo. I raccomandati hanno tutti lo stesso atteggiamento ( che si trasforma nel tempo in una specie di Rotary domestico )fra l'arrogante e il difensivo e, essendoci cresciuto in mezzo, li riconosco di primo acchito, prima delle conferme sussurrate, come usa al Credem'a me.
Codesto, tanto è prono alle comodità dei ricchi, quanto è meschino verso le difficoltà degli incauti affidatari. Li tortura, operazione per operazione, facendoli galoppare verso i propri gabellieri, consentendo una operatività limitata ad una costante ricopertura, lucrando minutamente su ogni operazione messa in atto, esattamente come fa con i suoi serventi.
Una sorta di anatocismo improprio.
A volte e non solo sul lavoro, mi sovvengono intersezioni di ricordi del puzzle disorganico (?) della vita.
Conobbi, a Roma, parecchi anni fa, una ragazza che aveva lavorato a lungo, prima di mettersi in proprio, per commercianti ebrei. Una specie di holding mercantile, coordinata o semplicemente favorita nelle connessioni da certi Ottolenghi - mi pare - e ne aveva tratto duri giudizi circa la loro mentalità: non rispettano gli orari, le festività, le facoltà e i diritti di chi lavora per loro. Sono autoreferenziali, esclusivi ed escludenti e finiscono per subordinare ogni collaborazione ai loro scopi.
A me richiama qualcosa di nostro, caro Milone.
Un'altra caratteristica che riporta ogni cosa ad una "riductio ad unum", consiste nella interpretazione e reinterpretazione fantasiosa e capziosa di ogni limitazione normativa, che possa contraddire lo sfruttamento sistematico di ogni risorsa. Anche le stentate e temporanee acquisizioni sindacali, vengono formalisticamente negate, manipolate e sovvertite, oltre ogni limite del grottesco e della decenza.
Lo scopo? Lo stesso: lucrare sul lavoro.

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