venerdì 19 marzo 2010

Oggi è morto Luciano.

Oggi è morto Luciano.
Ha concluso la sua vicenda come l'aveva vissuta: convulsamente, strozzato dal catarro.
Nello stesso tempo, ultimo, ha condotto con diligente impegno il suo travaglio, cercando di respirare quanto più poteva, economizzando l'ossigeno, sempre più corto, sempre più scarso, che riusciva a inalare attraverso l'aria.
E' stato accompagnato, per giorni e giorni, dalla nipotina, come lui l'accompagnava a sognare in passeggiate serotine, pur stanco delle fatiche fisiche e morali del giorno. L'aveva accolta come un accidente del destino, un destino non imprevedibile, lineare alla sua vita, durante la quale molti avevano preteso da lui e lo lasciavano a preoccupate solitudini quando non c'era da trarne profitto né lo proteggevano quando a loro non comodava.
Aveva combattuto una guerra senza coltivarne interiormente la violenza.
La violenza si era abbattuta sulla sua famiglia, non risparmiandogli una figlia handicappata a causa di un metodo spiccio, da ospedale, di ostetricia.
Semplice di cuore, amava, da buon bolognese, la compagnia e l'arte del palcoscenico, le romanze e la musica. Aveva trasmesso questa passione alla figlia, suo malgrado, più stabile, sensibile agli influssi che le si insinuavano d'intorno.
Della simbologia del mondo, Luciano si era appropriato, cioè aveva fatto sue, dopo che gliele avevano insegnate, alcune conoscenze spirituali e non le aveva mai rigettate. Certamente lo hanno aiutato sempre, nel corso della sua faticosa esistenza. Non aveva confuso i termini delle diverse questioni. Casomai, aveva assecondato gli impulsi giovanili e naturali, rassicurato dal sano realismo della sua dottrina, che, pretendendo di fornire gli elementi esaustivi per vivere, ne contempla anche le deviazioni. A farne le spese sarà, ma solo in fine, la seconda moglie, quella compagna di cui Luciano non volle privarsi e che tanto amore, non manieristico, gli apportò. Sono stato testimone delle sue terze nozze, quelle che lo hanno infine fregato. Sembrava che dovesse seppellire anche la bella persona ucraina che gli aveva pazientemente pulito il culo e che apprezzava le sue romantiche recitazioni poetiche, le sue interpretazioni musicali e, un po' meno, le tragedie notturne, declamate incessantemente. Invece, la signora Lupi, con una veronica, si è operata, lo ha costretto in regime di ospedalizzazione, si è risanata e lo ha accompagnato al camposanto. Mosse imprevedibili sullo scacchiere della vita.
Dicevo che Luciano si era impossessato di conoscenze spirituali, quelle che si avvertono, si amano e si condividono comunque, anche se, nella condivisione, si viene a volte traditi.
Per lui, la vita era quella che era, successione organica - non è un errore - di felicità e dolore, raccapriccio ed estasi, tenerezza e disincanto. Non ci poteva essere per lui una preordinazione di comportamenti, per limitare i danni, inibitoria del senso di una natura che, forse, senso non prevede. Di questo, molto sopravvive nella sua colta nipote e, per lei, è fonte di un permanente dolore, che ha scelto di non attenuare opportunisticamente per vivere, "contro ogni logica", il dilaniante conflitto fra natura e cultura.
Di tecnica, era ricco, Luciano. Quella professionale, avvertita come una catena, perché non poteva metterla al suo servizio creativo, ma doveva appaltarla, per dar vita a sé e ai suoi cari, ad una organizzazione inventata per farne uno strumento. Poi c'era quella che applicava alle esigenze della sua vita privata, nella quale suppliva a molte esigenze contingenti.
Stanco e chissà quante volte depresso per l'infelicità che la fabbrica apporta ai suoi costretti e con la quale si contagiano fra loro, a sera faceva lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta con la nipotina, ricongiungendosi alla trama forte e fiduciosa, non ancora compromessa dall'apparir del mondo e, soprattutto, dall'affaticarvisi intorno, con vani quanto ineludibili ragionamenti.
Dei suoi tre matrimoni - dicevo - solo il secondo, quello centrale, per così dire, aveva conosciuto serenità e ristoro, pur nelle tribolazioni che il legare il proprio supporto alle fragili, speculative e alterne sorti di un'azienda, necessariamente apporta.
Speranza di una vecchiaia previdente e previdenziale, alla fine ed a lungo conseguita.
Il primo, frutto dell'energia incontinente della giovinezza, gli aveva apportato due figlie, sane e, dicono, belle; sennonché, la prima, veniva subito tarpata dal forcipe, maneggiato come una morsa, senza amore.
Venne la guerra e, con essa, una nuova ed ancora più deterministica - almeno quanto agli esiti potenziali - costrizione.
Mentre Luciano avviliva la sua spontaneità nella partecipazione ai "superiori destini della nazione", di cui non condivideva nessuno dei barbari enunciati, e ne riportava le stigmate del dolore che nascono dal contatto con il male - quello che non considera, prima ancora di non rispettare chi si trova in condizione di minorità e che si esercita attraverso tecnicalità di gerarchie al servizio di un potere che consente loro di ammantarsi di mostrine -, la guerra , con la sua miseria, non risparmiava neppure la sua famiglia.
In sua assenza, il comportamento della di lui consorte non fu degno delle eroine classiche, ma, sulla vita altrui, vita che ha le sue dinamiche ed i suoi tempi di attuazione, senza argini né supporti, non è lecito sentenziare.
Fatto sta, che alle sentenze non rinunciarono troppi di coloro che, per condivisione di condizione ed anche per il riconoscimento del suo buon animo, avrebbero dovuto risparmiare a Luciano la tristezza di un ritorno, tanto desiderato, quanto inglorioso. Troppo succosa era l'occasione per mortificarlo e per agitarlo; per poter vantare, al confronto, la superiore moralità della propria signora. Lo spirito di sopportazione ricondusse tutto alla saggezza. Supplì, giocoforza, la rassegnazione e l'accettazione degli elementi non depurati e genuini, nel bene e nel male, dell'esistenza. Sulla sua accettazione, come in generale sul suo animo buono, hanno sicuramente influito i migliori sentimenti religiosi, quelli che instillano il senso morale e quello del servizio gratuito da apportare ai bisognosi. La grevità e la cultura orgogliosa fanno scelte opposte.
La repentina scomparsa della prima moglie lo lasciò solo con le figliole. Si impegnò soprattutto con la prima, per non farla sentire diversa, perchè non si adagiasse nella sua sfortuna e le trasmise la passione per quella vita rappresentata che poteva farla partecipe di quanto a lei era stato mutilato. La musica, infine, addolcì il dolore della rinuncia al canto, che avrebbe potuto coltivare, se le sue condizioni fisiche non avessero sconsigliato di assecondare le esigenze di lontananza da casa, senza contare la compagnia competitiva entro cui si sarebbe trovata ad agire.
Con la semplicità con cui i poveri fanno le cose, ne trovò un'altra, che , per lui, già padre, rinunciò all sua, di maternità e che condivise le sue vicissitudini, fino al dono, non prevedibile di una figlia putativa. Generata, senza un progetto, da uno studente o dal fidanzato di allora, che era militare, chissà?
Pare che il giovane borghese si fosse fatto avanti, ma che fosse stato esentato dalla nonna Maria dall'impelagarsi con la puttanella frivola: aderenza al vero,così com'è.
La seconda signora Lupi si è tenuta la bambina...almeno fino a che non ci sono state altre esigenze materne da soddisfare.
Donna Franca, la forcipata, infatti, non per questo aveva rinunciato alle arti seduttive di Venere e si era accasata con un marito - mi dicono, tutto d'un pezzo - ma un po' cupo, che aveva cercato di allietare con quel po' di famiglia che poteva procurargli. Per precoce asportazione, era stata privata dell'utero, ma con innegabile charme cantilenante e qualche acuto stimpanante è riuscita a condurre la sua esistenza lungo i sentieri delle altrimenti difficili relazioni sociali e sentimentali. Si può solo rilevare e con il beneficio del dubbio, che abbia accolto e raccolto, rassicurandoli, gli handicap dei suoi partners, sia che fossero originati da traumi familiari, sia che fossero apportati da sopraggiunte ossidazioni coniugali.
Le bimbe crescono, i nonni invecchiano. Prima Maria, che del marito aveva sopportato con pazienza e, soprattutto, amore, la luce e la lue, portato bellico della solitudine e della morte, dilaniata, in fine, da complicanze emorragiche, ma con la certa consolazione di essere chiamata mamma, mamma vera, dalla nipote che la abbracciava. Poi Luciano, vegliato diuturnamente per giorni e giorni dalla nipote, è spirato, ormai incosciente - si ritiene - in presenza della terza signora, Lydia, zulù ukraina, già badante e che gli fu fatale.
Così è la vita. Si nasce, ci si cimenta, si vince, si perde. Alla gabbia dell'organizzazione di questa o di quell'altra società, non si sfugge se un precoce senso di contraddizione ci impedisce di seguirne il tracciato e ci colloca nel novero dei reietti, da pascere perchè ce ne siano ancora. Capita così che...nel corso della nostra vita, fino agli ultimi tempi, qualcuno si proponga di rappezzare i suoi sfilacciamenti con la nostra lisa tessitura, per sopravviverci e per trovare, quando non ci saremo più, una sia pur essenziale stabilità. Sul traguardo, per fortuna, perché altrimenti le molestie e le assurde fatiche continuerebbero. Mentre Luciano moriva, altri nascevano, per destini ed opportunità del tutto speculari a quelli di queste vite accennate, di cui una è trapassata nel regno delle ombre.
Oggi, Luciano è morto.

1 commento:

  1. Caro Pierpaolo,leggo solo oggi,11\05\2010, la lunga pagina scritta in onore del mio adorato nonno. So' che non apprezzi le manifestazioni affettive...ma sono commossa e ti sono grata per questa "summa"
    tragico\ironica della sua lunghissima vita, della quale io sono stata "beneficiaria"....quale eredità più bella poteva elargirmi, se non quella di PERMETTERMI DI VENIRE AL MONDO ?
    Grazie per la sensibilità e l'affetto che mi dimostri..nonostante tutto. Con affetto, Leda

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