giovedì 19 novembre 2009

Note di regime.

Il progetto di rilancio degli impieghi che il Credem pubblicizza per i suoi accoliti dipendenti, con dovizia di scontate interviste ai quattro compari del vertice aziendale, si alimenta di pensose circonlocuzioni e riflessivi ragionamenti ( nel senso che non c'è differenza, né sviluppo, fra la premessa, l'oggetto e l'esito ) ma non solo non dice nulla di originale, conferma anzi l'immagine di sé, ormai chiara, di azienda provinciale e tapina, al servizio di una famiglia e di una piccola e meschina coorte. Tradisce un limite culturale ed ambientale.
Si afferma che, nelle more della crisi che sta gettando sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie ed a fronte del blocco degli affidamenti, che ha comportato una riduzione dei ricavi, si propone di cogliere l'espediente di anticipare la timida e settoriale tendenza alla ripresa, per continuare a foraggiare le aziende in attivo, desiderose, al massimo, di svilupparsi ancora, continuando ad ignorare non solo le attività a rischio default, ma anche i normali periodi critici dell'imprenditorialità tradizionale e consolidata. Questa filosofia non tiene il minimo conto dell'esigenza di supportare finanziariamente le imprese con potenzialità, anche se attualmente in difficoltà, e di mantenere alti i livelli occupazionali, ma contempla solo il miserabile e piccino tornaconto personale, indice di una mentalità da padrone e non da azienda di credito.
Si prosegue individuando negli Enti locali, Comuni e Provincie, oltre alle A.S.L., gli interlocutori più affidabili - in termini di reciproche rassicurazioni, di taciti accordi e di mutuo sostegno - e si riafferma la vocazione della banca alla cura rapinatrice dei privati e del prestito dei soldi, come sopra raccolti, "per il sostegno della piccola e media industria". Questo target commerciale è il più presente e lucroso per una banca come il Credem, corrisponde alla sua diffusione territoriale ed assicura una comoda posizione di rendita, consentendo nel contempo di negoziare con le amministrazioni comunali e provinciali, servizi in cambio di occupazione.
Viene ribadito il criterio del "nessun rischio" nell'assunzione di impegni.
Tanta severità ed insensibilità trova coerente applicazione anche verso la Max Mara, di cui il Credem stesso è un'emanazione, oppure i soldi così raccolti e così impiegati servono a far superare i momenti critici alla casa madre e ad assicurarle sempre un copioso flusso di finanziamenti? La multinazionale dell'abbigliamento pare godere di ottima salute e valersi anche di un vantaggio competitivo, soprattutto in periodi di bassa congiuntura.
Così, a cavallo di economia e finanza ed in sistematica espansione in paesi e mercati a bassissimo costo della mano d'opera, la famiglia proprietaria, con i compari del C.d.A., continua ad accumulare i suoi risparmi in banca. Questa banca/he è il Credem? Per converso, continua a comprare tutti gli scarti del sistema e nelle zone economicamente più impervie d'Italia: male che vada, potrà sempre venderle o vendersi in toto.
Nei tempi appena trascorsi del keynesismo, gli industriali italiani - che non detenevano banche - avevano già numerose fabbriche all' estero: tutte nei paesi fascisti dell'America latina e della Spagna franchista, dove, oltre ad ogni sorta di facilitazione fiscale, non avevano i sindacati fra i piedi, che allora erano influenti per l'esigenza di "gestire" la classe operaia in presenza di un forte movimento comunista internazionale e di potenze nucleari, quali l'URSS e la Cina.
La Cina comunista è rimasta, ma solo per schaivizzare la sua "esuberante" popolazione e per competere, con l'Occidente, aumentando il fenomeno dello sfruttamento e costituendosi in tesoriere del mondo e creditore, per possesso di titoli del debito statunitense in dollari, degli USA.
I sindacati sono spariti e sopravvivono nelle fogne del sottosuolo, ovunque, contestualmente al venir meno delle condizioni per competere e contrapporsi, al riparo del Muro di Berlino.

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