mercoledì 15 luglio 2009

Milone.

Milone, ho deciso di confidarti la mia pena. Non perché ti stimi capace di comprensione, ma perché, proprio perché sei un beota, come gli altri fiduciari del sistema, eviterai almeno commenti impropri e, impropriamente strumentali. La mia persecuzione, morale e professionale, è cominciata quando la vecchia azienda, la Banca di Roma, ha deciso di trarre le conseguenze del suo cattivo operare e di constatare la sua assoluta incompatibilità con il mercato, almeno con quello delle zone produttive del Paese. A dimostrazione, che il potere si autopromuove, io, che aspettavo e mi aspettavo questo esito, mi sono trovato eletto a capro espiatorio - con altri, per carità! - di una situazione, resa ancora una volta insostenibile, dalle buone uscite della salvifica (per sé)ed uscente dirigenza. Un Area manager da Commissariato di polizia, coadiuvato da miserabili addetti alla Logistica, a loro volta in vena di autopromozione, hanno deciso, confortati dalla vulgata di qualche improvvisata società di consulenza, di non assegnarmi più alcun lavoro e di relegarmi, come una vecchia fotocopiatrice, in soprannumero, in questo o in quell'ufficio. Quivi, i lavoratori, in attesa del prepensionamento o in superbonus, hanno cominciato a blandirmi, per attribuirmi un ruolo servile, rispetto ai loro normalissimi compiti, ai quali spesso si ribellavano, quando parevano contemplare la sia pur minima variazione dell'adusato ed abusato tran tran. Poi, con scuse risibili, hanno cominciato a farmi girare tra le agenzie, in attesa di far fermare la pallina sulla casella che avevano prescelto, suppongo in base alle lagnanze dei colleghi più svogliati e prevedendo di vendere gli sportelli bolognesi in breve tempo. Nel nuovo ghetto, trovo una direttrice che più assente, speculativa e losca nell'agire non avevo ancora trovato: evidentemente i suoi superiori l'avevano ben prescelta. Trovo poi, come per altro previsto, dei colleghi speculatori, secondo il peggior costume della banca d'origine, che hanno vagheggiato e vagheggiano tutt'ora, di strumentalizzarmi in una veste servile rispetto alla loro, mediocrissima. Al netto rifiuto è conseguita un'ulteriore emarginazione. I nuovi padroni, hanno un costume di meccaniche gerarchie, che ricorda quello militare e che ben si attaglia alla direttrice, che è cresciuta in una caserma, figlia di un Maresciallo maggiore dell'esercito, il massimo conseguibile per un sottuficiale. Deve averla influenzata bene all'ossequio peloso degli ordini e delle disposizioni, soprattutto circa quella sua evidente veste di spia del sistema che si è manifestata dopo ogni minima obiezione alle comunicazioni che trasmetteva per conto della direzione, ora a Reggio Emilia. Si sono quindi inventati la necessità dello smaltimento totale delle mie ferie pregresse, che si sono accumulate, giorno dopo giorno, fin dal 1993. Sono stanco e accaldato...proseguirò poi.

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